Tra i soggetti coinvolti nel tema dell’emergenza abitativa c’è l’ente gestore del patrimonio di edilizia pubblica dei Comuni, ossia l’Acer, che opera a livello provinciale. Il tema è diventato in queste settimane di particolare attualità anche grazie a un’interrogazione del consigliere di Forza Italia Alberto Ancarani che ha denunciato l’alto numero di alloggi sfitti, un tema in realtà di portata nazionale in cui Ravenna non fa eccezione.
Nel comune capoluogo, per esempio, su 2.250 appartamenti gestiti (in provincia erano in tutto 4.819 tra Erp ed Ers al 31 dicembre 2024), quelli vuoti al 14 luglio 2025 erano 242, ma di questi 127 “lavorabili” e i restanti 115 in realtà già oggetto di lavori in corso, di assegnazione o destinatari di linee di finanziamento e saranno quindi presto assegnati ad alcune delle 1.854 famiglie in lista d’attesa (dato di aprile). I restanti appartamenti vuoti avrebbero invece bisogno di lavori di ripristino per cui, al momento, non ci sono risorse. «Noi stiamo cercando di accedere a tutte le linee di finanziamento – spiega la presidente di Acer Lina Taddei, in carica dalla fine del 2021 con un mandato quinquennale – ma le nostre risorse provengono esclusivamente dai canoni di locazione che sono in media di 142,30 al mese, con metà dei locatari che pagano la fascia più bassa, sugli 80 euro circa. E dobbiamo tenere in conto anche la vetustà di molti edifici, che avrebbero bisogno di lavori di riqualificazione e sono peraltro molto energivori e comportano bollette delle utenze più alte per una fascia di popolazione comunque in difficoltà».
Per far quadrare i conti, Taddei ci tiene a precisare come in questi anni Acer abbia mantenuto bassi i costi di gestione impegnando 45,23 euro per unità abitativa contro il massimo di 55 previsto dalla Regione, con ciò destinando comunque oltre il 50 percento dei proventi alla manutenzione. Ciononostante, i conti appunto faticano a tornare. Tra gli strumenti possibili ci sono risorse della Regione che hanno permesso ad Acer di accedere a mutui per ristrutturare appartamenti che poi andranno temporaneamente al cosiddetto Ers, ossia case a canone calmierato, alloggi che si rivolgono a quella sempre più ampia fascia “grigia” di persone che, pur non avendo i requisiti per la casa popolare, faticano a trovare un affitto nel libero mercato, dove molti proprietari ormai scelgono di destinare gli immobili a soluzioni più redditizie e con meno rischi, come l’Airbnb o gli studenti. «Si tratta di operazioni per noi economicamente sostenibili perché i canoni ci permetteranno di ripianare il mutuo, mentre la Regione copre gli interessi. Ma anche qui bisogna fare attenzione – dice Taddei – perché se è vero che la fascia grigia per cui è pensato l’Ers è in aumento, questo non significa affatto che siano in calo le persone che hanno bisogno di una vera casa popolare». Per questo l’auspicio di Taddei è che si possa pensare a nuovi immobili misti, Erp ed Ers. «Con i Comuni sul territorio siamo ovviamente in un dialogo continuo e sediamo a un tavolo in cui si gestiscono le situazioni più complesse. Abbiamo situazioni di morosità che possono portare allo sfratto con il rischio di ritrovarci famiglie che escono da una porta per bussare a quella accanto…». In questo caso “la porta accanto” è quella della cosiddetta “emergenza abitativa”. «Una quota degli alloggi Erp – dice Taddei – è riservata alle situazioni di emergenza, ma non siamo noi a valutare chi può accedervi, bensì è un tavolo che coinvolge i vari Comuni e tiene conto di fattori sociali e sociosanitari per permettere a queste persone di accedere temporaneamente a un alloggio al di fuori della graduatoria». Uno strumento sicuramente indispensabile, anche se non adatto a rispondere nel lungo periodo alle necessità di alloggi a bassa soglia, che attualmente corrisponde per il Comune di Ravenna a una percentuale del 3% degli alloggi Erp come da previsione normativa.