«L’inquinamento atmosferico è dannoso per la salute, soprattutto per l’apparato respiratorio ma non solo. Molti studi autorevoli hanno dimostrato la correlazione tra l’esposizione alle polveri sottili e l’aumento di altre patologie, tra cui l’arteriosclerosi, le malattie cutanee e coronarie, i danni all’interstizio polmonare e agli alveoli, le insufficienze renali».
Alfredo Potena è cardiologo e pneumologo, ha lavorato per 40 anni in alcune strutture sanitarie romagnole ed è stato primario di Pneumologia all’ospedale Sant’Anna di Ferrara. A suo parere «la nostra pianura è come un’enorme pentola che ribolle con un coperchio, sotto il quale vengono trattenute tutte le emissioni inquinanti. Queste vengono prodotte soprattutto dai gas di scarico delle auto, dall’usura degli pneumatici, dalle emissioni industriali, dalle combustioni di biomasse, dall’agricoltura e dalla zootecnia».
L’umidità elevata e la scarsa circolazione d’aria, dovuta alla cintura montuosa che circonda l’Emilia- Romagna, fa permanere lo smog in maniera più intensa rispetto ad altri territori. Un rapporto di Arpae ha attribuito 2.170 morti avvenute nel 2022 all’esposizione al particolato fine, stimando che la scarsa qualità dell’aria possa provocare tra il 4% e l’8% dei decessi per cause naturali o problemi cardiovascolari.
Le norme attuali si fondano sulla misurazione delle Pm10, ovvero le polveri sottili fino a 10 micron, invisibili a occhio nudo (per fare un paragone, un globulo rosso è 7-8 micron). Ma Potena fa presente che «sono meno conosciuti i problemi legati alle Pm2,5 e PM1, ancora più piccole e potenzialmente più pericolose». Il dottore cita uno studio pubblicato nel 2023 su Jama, una delle più importanti riviste mediche al mondo: «Su un campione di 3,7 milioni di adulti esposti alle Pm2,5 è stato dimostrato un aumento del 21% per la mortalità legata a malattie e ischemie coronariche, del 12% per il rischio di infarto miocardico acuto, dell’8% per le patologie cardiovascolari in generale. Anche nelle popolazioni che vivono in luoghi dove le polveri sottili sono al di sotto dei limiti di legge, c’è comunque un +6% di rischio d’infarto e un +7% di mortalità cardiovascolare a causa dell’aria inquinata». Non solo: «Una ricerca italiana ha accertato che nei giorni di picco delle polveri sottili, aumentano gli accessi in pronto soccorso per patologie cardiorespiratorie. Già nel 1996 fu dimostrato il crollo delle crisi asmatiche, in occasione delle olimpiadi di Atlanta che hanno comportato la totale chiusura al traffico di un grande quartiere per alcune settimane».
Secondo una ricerca pubblicata su Environmental Research, nei giorni di maggiore smog, camminare all’aria aperta può equivalere a fumare 10 sigarette. Il problema, quindi, esiste e ha un impatto sulla salute umana, «ma non vogliamo vederlo». Secondo Potena «la medicina deve ancora lavorare per aggiornare le linee guida sulle soglie di tolleranza al particolato, ma è soprattutto la politica a essere in ritardo. C’è un’enorme discrepanza tra gli studi scientifici, che hanno prodotto dati inequivocabili, e i politici che sonnecchiano e sembrano disinteressati a rifletterci». Eppure, rincara il medico, «un’occasione l’abbiamo avuta durante il covid. Oltre a essere stata una grande tragedia, la pandemia ha rappresentato un’opportunità per favorire uno stile di vita diverso, più orientato alla salute, ripensando l’attuale modello produttivo. In quei giorni l’aria era più pulita perché le auto non circolavano e molte fabbriche erano chiuse. Dopo l’emergenza avremmo potuto continuare ad agire per ridurre l’inquinamento e migliorare il trasporto pubblico, le scuole e gli ospedali; ma non abbiamo fatto nulla. Siamo ancora in tempo, ma prima agiamo, prima la popolazione avrà un beneficio». Nel frattempo, conclude Potena, è possibile tutelarsi a livello individuale: «Basta evitare di uscire nei momenti di picco delle polveri sottili e schivare in generale le zone più trafficate. Non tutti possono permettersi di farlo, perché ognuno ha i propri ritmi di lavoro, ma è l’unico modo per proteggersi».


