lunedì
15 Dicembre 2025
archeologia

I ricercatori del campus di Ravenna svelano vita, origini e abitudini di una comunità preistorica calabrese

Lo studio, condotto in collaborazione con il Max Planck Institute di Lipsia, svela la genetica e socialità di un piccolo gruppo dell’Età del Bronzo ritrovato nelle profondità Grotta della Monaca

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Un gruppo di ricerca internazionale ha ricostruito, grazie alle più avanzate tecniche di analisi del DNA antico, la vita, le relazioni familiari e le pratiche funerarie di una piccola comunità calabrese del 1780-1380 a.C.
Le ricerche sono state portate avanti dagli studiosi studiosi del campus ravennate del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna e del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia (Germania). I resti sono stati trovati nelle profondità di Grotta della Monaca, sui monti dell’Orsomarso, nel comune di Sant’Agata d’Esaro (Cosenza).
I risultati, pubblicati sulla rivista Communications Biology, gettano nuova luce sulla storia genetica e culturale della Calabria preistorica, un territorio finora praticamente inesplorato dal punto di vista paleogenetico.
Il team ha analizzato genomi umani antichi estratti da resti ossei e dentali di oltre 20 individui rinvenuti nella grotta, uno dei siti più importanti della preistoria calabrese, utilizzata per millenni come miniera, rifugio e luogo di sepoltura. «La nostra analisi mostra che la popolazione di Grotta della Monaca aveva forti affinità genetiche con le popolazioni della prima Età del Bronzo della Sicilia, ma si distingueva per l’assenza di influssi genetici orientali – spiega il dottor Francesco Fontani, primo autore dello studio -. Ciò suggerisce che, pur in contatto con l’altra sponda dello Stretto, la Calabria tirrenica seguì traiettorie culturali e demografiche autonome durante la preistoria».
Oltre agli aspetti genetici, la ricerca ha permesso di indagare le dinamiche sociali e parentali di una comunità Protoappenninica. Dalle sepolture, forse organizzate in base al sesso e ai legami di parentela, i ricercatori hanno ricostruito alberi genealogici parziali di alcuni individui: «abbiamo identificato un caso eccezionale di unione riproduttiva tra genitore e figlio, la prima evidenza genetica di questo tipo mai documentata in un contesto archeologico – continua Fontani -. Un dato straordinario, ma di complessa interpretazione, che non va letto solo in chiave biologica, ma anche culturale: potrebbe riflettere un atto di violenza, ma anche un comportamento socialmente tollerato, o una tradizione particolare. Sicuramente rappresentavano una deviazione sostanziale rispetto alla norma. Raramente infatti assistiamo ad unione tra consanguinei stretti, e mai prima d’ora tra genitore e figlio». L’analisi dei genomi rivela inoltre che gli individui di quella zona non erano isolati: pur vivendo in un’area montuosa e difficile, mostravano segnali di mobilità e affinità genetiche con popolazioni dell’Italia centro-settentrionale. La comunità, di dimensioni ridotte, praticava un’economia prevalentemente pastorale, come suggeriscono gli isotopi e i segni di consumo di latte e derivati, nonostante i geni indicassero intolleranza al lattosio in età adulta.

Prosegue la prof.ssa Luiselli: «La Calabria, per la sua posizione geografica e la complessa storia di contatti e migrazioni, rappresenta un’area cruciale per lo studio delle popolazioni preistoriche del Mediterraneo centrale – commenta Donata Luiselli, professoressa responsabile del Laboratorio del DNA Antico del Dipartimento di Beni culturali di Ravenna -. Fino ad oggi, mancavano dati genomici antichi di popolazione sul territorio: la ricerca alla Grotta della Monaca colma in parte questo vuoto e contribuisce a ricostruire un quadro più completo delle dinamiche demografiche e culturali della preistoria italiana».
Il progetto, avviato nel 2019 e nato dalla collaborazione tra l’aDNA Lab e il Centro “Enzo dei Medici”, è stato realizzato grazie al supporto della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la provincia di Cosenza e ha già portato alla pubblicazione di altri due studi, usciti rispettivamente nel 2021 e nel 2023.
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