Cervia si prepara a un nuovo Ironman, con oltre 6 mila atleti da 80 paesi attesi in città nel fine settimana del 20 e 21 settembre. Tra gli atleti più attesi quest’anno, anche Ignazio Moser, al suo primo IRONMAN pochi giorni prima di diventare papà, e l’ex triatleta pro Ivan Risti con il progetto “La Valigia di Nemo”, a favore dell’omonimo Centro Clinico di Milano, specializzato in malattie neuromuscolari
Come ricordano gli organizzatori, all’interno della competizione non conta solo il traguardo, ma il viaggio che conduce fin lì: «L’esperienza di Ironman non si misura in chilometri o in watt, ma nei sacrifici, nelle scelte e nei sogni che ciascun atleta porta con sé. Cervia diventerà il crocevia di oltre 6 mila storie, un mosaico di emozioni che supera i confini dello sport e trasforma la triplice disciplina in un rito collettivo di resilienza, rinascita e passione».
Tra le storie che più segneranno questa edizione del triathlon c’è quella di Daniele Matterazzo, «capace di trasformare la sua ferita in un motore»: a 15 anni, ha visto la sua vita cambiare dopo un grave incidente in scooter. Diciassette interventi chirurgici per salvare il braccio, anni di dolore e di riabilitazione. A Cervia, correrà il 70.3 per sostenere l’ospedale pediatrico di Padova e dimostrare di poter sfidare e battere i pronostici, ancora una volta. Andreas Archontides, cipriota di 56 anni che vive ad Atene, è stato invece operato a cuore aperto nel 2017, con l’impianto di una valvola aortica metallica. Da allora non ha smesso di correre: spinge la carrozzina di Dimitra, 18 anni e paralizzata, in maratone di squadra. Dopo Tallinn, affronta Cervia con il sorriso di chi non ha più paura di nulla.
Ci sono poi le storie di rinascita, come quella di Jaime Gray, australiana, madre di gemelli e imprenditrice. Dopo un lungo ricovero ha scelto di non “sopravvivere soltanto”, ma di rimettersi in gioco. In Italia ha ricostruito la sua vita, tra allenamenti e figli, e a Cervia sarà «the woman who shows up». Dalla Svizzera invece arriva Ewa Plauszta, che ha iniziato il suo viaggio davanti a uno specchio che le rimandava un’immagine in cui non si riconosceva più. «Too heavy, too far», racconta. Con disciplina e costanza ha trasformato corpo e mente: dopo aver completato un 70.3, a Cervia correrà il suo primo full Ironman. Ian Windle invece è un 66enne del Regno Unito: un cancro alla prostata superato, una protesi all’anca e un lungo percorso di recupero non gli hanno impedito di migliorare i suoi tempi gara dopo gara. A Cervia affronterà la distanza regina: un segno che non c’è età per ricominciare.
Dall’Italia invece, la corsa di due atleti che si trasforma in un messaggio: Nicolò Santon, 33 anni, convive con il diabete di tipo 1 dall’adolescenza. Molti medici sconsigliano attività di endurance a chi ha la sua condizione, ma lui ha scelto l’opposto: “Se riesco a completare un Ironman, chiunque può fare sport”. Insieme alla Fondazione Italiana Diabete raccoglie fondi per la ricerca. Francesco Rigo, imprenditore, ha conosciuto invece la fatica di vedere un’azienda crollare, con notti insonni e debiti da gestire. Ha trovato nell’Ironman l’obiettivo che spaventa e attrae, quello capace di trasformarlo in una versione più coraggiosa di sé stesso.
«Quando le braccia di questi e atleti, e di tutti gli altri protagonisti della gara, si alzeranno sul traguardo di Cervia non sarà solo la vittoria su una distanza estrema – comunicano dall’organizzazione -. Sarà il segno che la disciplina può battere il talento, che una malattia non cancella un sogno, che un cambio di vita può aprire nuove strade. Dal primo debuttante a chi porta un messaggio di solidarietà, da chi corre per sé a chi corre per gli altri, l’Ironman Italy Emilia-Romagna continua a essere molto più di una gara: è la dimostrazione che, davvero, niente è impossibile».