Che con la gestione Cipriani il Ravenna abbia cambiato marcia è sotto gli occhi di tutti: divise Nike, pullman personalizzato, vip in tribuna, restyling dello stadio, attenzione al marketing. Ma che mister Marchionni sia dotato di uno staff di livello superiore è noto quasi solamente ai calciatori che navigano stabilmente nelle zone alte della classifica. Tra le figure che stanno contribuendo a questo salto di qualità c’è infatti una sorta di lusso per la Serie C: il referee manager, ruolo ricoperto da Nico La Posta, entrato in organico proprio in questa stagione dopo due anni passati al Rimini.
La sua figura rappresenta l’evoluzione naturale del vecchio addetto agli arbitri. «Siamo passati dal portare un caffè alla terna a preparare squadra e società a tutto ciò che riguarda il mondo arbitrale, che oggi è a tutti gli effetti la terza squadra in campo», spiega La Posta. Studiare gli avversari non basta più: occorre conoscere gli arbitri, le loro caratteristiche, i loro metodi decisionali, il regolamento e il modo in cui viene applicato.
Il lavoro di La Posta parte durante la settimana: analizza l’arbitro designato, prepara l’allenatore e i giocatori sulle sue peculiarità e interviene quando necessario con lezioni mirate sul regolamento. L’obiettivo è apparentemente semplice: ridurre proteste, nervosismi e perdite di lucidità. «Se un giocatore sa che quel fallo è corretto da regolamento, non spreca energie a lamentarsi. È una forma di prevenzione da dover comprendere anche sotto pressione: meno ammonizioni inutili, meno squalifiche, meno comportamenti evitabili».
Ma la stagione 2025/26 ha introdotto un ulteriore livello di complessità per gli addetti ai lavori: l’Fvs, la revisione tramite “card”, una sorta di tecnologia “light” rispetto al Var che mette a disposizione ad ogni squadra un massimo di due chiamate a partita. Anche su questo interviene La Posta, sia durante la settimana che in partita. «Sono sempre in panchina accanto a Marchionni, in casa e in trasferta. Il mister è l’unico che può chiamare la revisione, ma io lo consiglio: quando ha senso, quando è inutile, quando rischieremmo solo di sprecare una chance». L’esempio più recente è il rigore subito dal Ravenna contro il Gubbio, causato da Anacoura: «Il fallo era netto. Chiamare la revisione sarebbe stato inutile: l’arbitro avrebbe confermato la decisione e avremmo perso una card senza motivo».
Il referee manager non si limita però alla preparazione pre-partita. Analizza ogni episodio a gara conclusa e lo trasforma in materiale utile per la crescita del gruppo: «Vado a rivedere falli, ammonizioni, comportamenti. Cerco ciò che si può migliorare. Non parlo mai di colpe, ma di margini di crescita, sia per il giocatore che per il direttore di gara». È un lavoro che paga soprattutto nel lungo periodo: in entrambe le stagioni in cui La Posta ha lavorato al Rimini, la squadra biancorossa è stata la meno ammonita del girone. Tendenza positiva confermata anche dal Ravenna, che fino a questo momento ha collezionato 41 ammonizioni (2,5 di media a partita) e nessuna espulsione. «Le statistiche non mentono: non voglio che si eliminino i falli, ma cerco di ripulire quelli inutili, le proteste, le reazioni istintive. È lì che si fa la differenza».
Il suo sguardo sul mondo arbitrale è privilegiato: ex arbitro fino alla Serie D, poi osservatore Aia, La Posta conosce da dentro dinamiche e psicologie. Da qui nasce anche il suo libro, Come comunicare con l’arbitro e farselo amico. «Arbitri e giocatori sono come due binari paralleli: non si incontrano mai, ma senza entrambi il treno non va avanti. La mia filosofia è unire questi mondi».
E l’Italia, da questo punto di vista, paga ancora un enorme ritardo culturale. «Negli anni in cui ho arbitrato in Inghilterra mi invitavano al terzo tempo con le squadre. In Italia è impossibile. Da noi l’arbitro è ancora un alibi». Secondo La Posta è una scorciatoia per evitare di assumersi responsabilità: «Alle società dico sempre: io vi dirò la verità sulla prestazione arbitrale. Se ci sono errori, bene, analizziamoli. Ma non deve diventare una scusa: altrimenti non si cresce».
Lo stesso approccio è stato adottato anche in episodi delicati, come il gol annullato al Ravenna a Livorno per un fallo di Scaringi a inizio azione. «Ho chiesto chiarimenti all’arbitro durante l’intervallo e ho parlato con la Lega al termine della partita – spiega il referee manager -. Per protocollo tutto ciò che è accaduto è corretto. Siamo stati sfortunati perché da quella punizione è nato il loro gol. Ma la domanda è: come gestiremo meglio un episodio simile la prossima volta? Questo è costruttivo. Non dire “l’arbitro non capisce nulla”».
Intanto, sempre più società stanno comprendendo l’importanza della figura del referee manager: in Serie A realtà come Inter, Juventus, Lazio, Parma ne sono dotate, mentre in Serie C, nonostante il budget inferiore, si sta diffondendo rapidamente complice l’introduzione dell’Fvs. «Per ricoprire questo ruolo non basta essere stati arbitri – commenta La Posta -. Serve empatia, comunicazione, capacità di integrarsi in un gruppo. È un lavoro dietro le quinte. Le squadre che faranno lo switch mentale di vedere l’arbitro come una variabile da conoscere e non come un alibi saranno quelle che andranno più lontano».



