Scenario Lamone

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Un’ansa del Lamone nei pressi di Boncellino

Il fiume è cesura e continuità del paesaggio
nasconde e apre, sovrastando paesi, orizzonti e stagioni

Un tempo dietro la casa non occorreva “tirar su” il filo spinato o reti di metallo zincato, poiché la proda erbosa si alzava, ergendosi a baluardo protettivo. L’argine intagliato orizzontalmente, offriva una scaletta per raggiungere la sommità o per arrivare ai fili tesi fra pali di legno ai quali veniva appesa la biancheria ad asciugare. Il bucato, la bughè, veniva tenuto alto puntando sostegni a forma di “y” sull’erba dell’argine. Si vedono sempre più raramente le bianche lenzuola a far da ornamento allo spalto erboso che appare fra una casa e l’altra.
Angoli di Fossolo, Boncellino, Borgo Rotta, Traversara, Entirate, si allungano a toccare contorni netti, dove le competenze passano dal Comune allo Stato. Per dieci metri dal piede dell’argine il fiume è del Genio Civile, che nel senso etimologico esprime grandi valori di patrimonio “civico” e senso comune. Villanova di Bagnacavallo nasce, si sviluppa e cresce lungo l’argine, il suo abitato è da sempre in simbiosi con il fiume, una minaccia domestica, un cane da guardia trattato bene.

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Sull’argine corre un sentiero prodotto dal calpestio e dalle ruote

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Per Villanova e i suoi abitanti il Lamone diventa un fondale teatrale, scandisce tempi e modi, mode e avvenimenti. È luogo di svago e di passeggio per abbienti ceti agrari dell’Ottocento, che nel fiume trovano refrigerio e ristoro alla calura estiva, allenamento per cani da “lepre” e da riporto o ripari nascosti per celare appostamenti da pesca sulle acque allettate da pasturazioni attente e meticolose. Sull’argine corre un sentiero prodotto dal calpestio, una rotaia concava di terra nuda che le ruote di biciclette, motorini e qualche motocicletta, percorrono rotolando su battistrada di gomma. Quante faticose pedalate hanno scavato granelli di polvere, affondando sotto il peso degli arnesi da lavoro trasportati… I pedali a primavera frustavano l’erba che cresceva rallentando l’andatura, fintanto che il “Genio” non mandava qualcuno a “segare” la sommità dell’argine. Una teoria ininterrotta di braccianti in bicicletta, a pedalare con ritmo costante verso la valle.

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Per Villanova e i suoi abitanti il Lamone diventa un fondale teatrale

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Nel crepuscolo estivo molti anziani salivano lassù a fumare in silenzio, qualcuno la pipa di terracotta, la caratena, ma sigari e sigarette accendevano saettanti punti rossi nell’oscurità appena mossa dal vento. Sono i cortili che allungano richiami verso il fiume capace di tenere al riparo dalla bora le case più basse di Villanova. Sul palcoscenico erboso muovono cortei con bandiere rosse per il Primo Maggio e processioni fiorite con il prete in testa per la festa patronale. Il transito è consentito, per brevi tratti, a greggi di pecore che sembrano alzare la sponda, con i loro fitti dorsi lanosi. Ricordi a colori della memoria che, senza apparente contrasto, proseguono nel bianco e nero delle fotografie dove i bianchi ingialliscono, sconfinando nelle sovraesposizioni di un filmato otto millimetri. Anche i sogni mescolano queste immagini con sottofondo la ruota dentata del proiettore muto, così ognuno mette la sua musica. Un bell’andare, ma niente al confronto con il maestoso e incessante scorrere del tempo, che l’acqua del fiume porta.Una pista ciclabile si snoda, parallela all’acqua del Lamone, da Faenza alla foce. Un percorso che presenta qualche interruzione, ma “il ciclista da fiume” riesce a colmare facilmente la mancanza di continuità. La pista, erbosa o a fondo battuto, permette di passare sotto ai ponti stradali e ferroviari, scendendo nella golena per tratti più o meno lunghi, a volte risalendo con faticose pendenze. Con biciclette normali, come quelle usate un tempo dalle braccianti, bisogna scendere e risalire a piedi. Con biciclette ibride o fuoristrada dotate di cambio di velocità, con numerosi rapporti, si può rimanere sempre in sella. L’itinerario è percorribile nei due sensi, tutto l’anno, ma le stagioni ideali sono la tarda primavera e i mesi di settembre e ottobre. Si può pedalare controcorrente partendo dal mare verso la conquista dell’entroterra o scendere alla velocità di quel flusso instancabile che non smette mai di pedalare. Non è raro incontrare fagiani che attraversano il sentiero con il loro volo basso e il metallico grido d’allarme. A seconda dell’ora e della stagione, non mancano tordi e merli e, in caccia sui campi, voli di rapaci.  Ogni ciclista potrà dosare le proprie forze, godendo di una luce mattutina o serale, correndo incontro ai venti, carichi di marini sentori. C’è anche chi sfida la curena, il dispettoso Libeccio che piega la vegetazione, percuotendo il fogliame. Sull’argine non c’è riparo, ma nelle giornate ventose la visione è nitida e arriva lontano. Immaginando il mare.

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