sabato
20 Settembre 2025

L’evoluzione? Non è quel che sembra

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Avete presente l’immagine tipica dell’evoluzione umana? Vi basta digitare “evoluzione” su google perché venga fuori in diverse forme. Intendo quella che rappresenta a sinistra una scimmia ricurva su sé stessa, con davanti una scimmia un po’ meno pelosa e un po’ più dritta, e così via via fino ad arrivare all’immagine di un essere umano dritto. È un’immagine semplice, intuitiva, efficace, nonché totalmente errata!

Soprassedendo il razzismo insito in quella illustrazione, che rappresenta come summa evolutiva sempre un uomo (mai una donna), bianco, adulto, bello, con i capelli folti e senza un filo di pancetta, – e quindi un’immagine stereotipata culturalmente – contiene in sé anche errori più gravi. Ecco in cosa quell’immagine travisa il senso dell’evoluzione: l’evoluzione non è lineare! L’evoluzione non è un progresso! E l’evoluzione non è una linea retta che porta a noi come risultato!

L’idea che una nuova razza migliore venga in seguito a una inferiore e la soppianti non è corretta, ed è pure pericoloso. L’evoluzione è qualcosa più simile ad un albero, che gemma continuamente rami. È dunque in continuo movimento, e presuppone anche la creazione di errori, inciampi e rami che si spezzano. Le razze si adattano ai cambiamenti del clima e del territorio, in una maniera che non è migliorativa, ma semplicemente adattiva.

Tutto questo è magnificamente raccontata dal filosofo della scienza Telmo Pievani in “Dove comincia l’uomo” (Solferino, scritto assieme a Giuseppe Remuzzi). Pievani è stato a Ravenna in questi giorni ospite del dipartimento di Beni Culturali dell’Unibo per un ciclo di lezioni agli studenti del polo ravennate per la Cattedra Corrado Ricci, che ogni anno ospita illustri docenti in città proprio per approfondire queste tematiche.

La cosa che forse però colpisce di più delle pagine di questo saggio è apprendere quanto molti cambiamenti evolutivi dell’homo sapiens siano stati conseguenza di cambiamenti culturali. Ovvero comportamenti sociali e culturali hanno letteralmente cambiato il corso evolutivo. Per esempio se gli homo sapiens non avessero imparato a parlare non sarebbero riusciti a tramandare conoscenza ai propri figli su quali sono i pericoli da evitare, quali sono i cibi commestibili, e quali i comportamenti da tenere per sopravvivere. Il linguaggio ha letteralmente cambiato il corso evolutivo della nostra storia. Le favole che vennero raccontate ai nostri trisavoli per insegnargli ad avere paura del bosco di notte perché ci sono i lupi – tanto per fare un esempio – ha fatto sì che sopravvivessero e tramandassero il loro DNA. Da narratore l’idea che le storie possano aver alterato il corso dell’evoluzione mi piace molto. Rimane poi l’ultima domanda, senza risposta, il progresso tecnologico odierno dove porterà la nostra specie? Che animali diventeranno i nostri discendenti nel mondo che stiamo costruendo per loro?

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