Cos’è Orbital? Potremmo dire che è un oggetto volante non identificato. Non è un romanzo con una trama ordinaria, non è sicuramente un saggio, non è un libro di poesia anche se è a tratti molto poetico, è ambientato nello spazio ma non è un romanzo di fantascienza. Quindi che cos’è?
Il romanzo scritto da Samantha Harvey e vincitore del Booker Price, il più rilevante premio letterario britannico, è qualcosa di diverso dal solito. Forse proprio per questo sta piacendo a chi legge tanti romanzi. I libri, leggendone molti, possono a tratti somigliarsi gli uni con gli altri. Può capitare di pensare a una scena e chiedersi «dove l’avevo letta? Era in quel libro oppure in quell’altro?». Beh, questo sicuramente non succede con Orbital. Il racconto ha come protagonisti sei astronauti su una stazione spaziale che ruota attorno alla Terra. Un tema molto affrontato nella letteratura di fantascienza. Qui però non ci sono misteriose minacce, alieni, imprevisti tecnici, intelligenze artificiali: niente di tutto questo. C’è solo la quotidianità di una vita lontana dal mondo, con una routine fatta di pasti liofilizzati, e palestra per non perdere massa muscolare, ci sono i movimenti lenti e privi gravità e gli esperimenti scientifici al microscopio, c’è la nostalgia di casa, e la meraviglia di vedere il mondo scorrere sotto di loro, con i suoi oceani e i suoi deserti.
La struttura circolare del romanzo – con le sue sedici orbite complete intorno alla Terra in un solo giorno – diventa metafora del tempo che scorre e si ripete, ma mai uguale. Ogni personaggio, pur nel silenzio e nella routine della vita in orbita, rivela un universo interiore complesso, fatto di memorie, desideri, paure e una nuova consapevolezza della bellezza terrestre. Harvey non cerca il realismo tecnico o la suspense, ma punta a un’introspezione profonda, quasi spirituale. Il linguaggio, misurato e musicale. La stazione spaziale diventa così un microcosmo di convivenza possibile, fragile ma reale. La scelta di far parlare i personaggi in modo sottile e spesso indirettamente accentua l’intensità delle emozioni. Orbital è, in definitiva, un inno silenzioso al pianeta terra, e a ciò che ancora possiamo imparare osservandola da lontano. Un atto d’amore per il piccolo e meraviglioso pianta in cui si siamo trovati a vivere. Perché in fondo «e in quei momenti arriva il pensiero: senza la Terra siamo finiti. Non potremmo sopravvivere un secondo senza la sua grazia, siamo tutti marinai su una nave in un mare scuro, profondo, impenetrabile».