Vale sempre la pena soffermarsi a leggere le descrizioni su Ravenna scritte da coloro che l’hanno profondamente amata e studiata. Tra queste non può non essere ricordata quella composta da Alieto Benini nelle pagine introduttive di una breve guida sulla Basilica di San Vitale, pubblicata per le Arti Grafiche: «Poche città posseggono come Ravenna, ugual fascino di storia e d’arte, perché nessuna – se si eccettua Roma – racchiude nel suo seno opere così singolari per fasto, imponenza e splendore, da conferire un aspetto quasi unico, una quasi inconfondibile fisonomia nel mondo. È vero che le vicissitudini della storia, che l’hanno resa grande, le hanno anche inferto lacerazioni profonde, e molte perle del suo diadema sono cadute lungo il fortunoso cammino dei secoli, ma essa conserva nella sua sostanza storica un vigore e una fissità immutabile, dovuti senza dubbio a due fattori: la suggestione delle cose morte e voglio dire delle memorie del suo grande passato, e quella delle cose vive e voglio dire le pagine superstiti della sua bellezza artistica. Ecco perché poeti, pensatori e storici le hanno reso omaggi non perituri e i suoi templi, poiché sono proprio questi che più resistettero all’onda corrosiva del tempo, hanno visto aggirarsi, sotto le loro ombre dorate, pellegrini venuti d’ogni terra e d’ogni lido, a meditare e a colmarsi l’anima e gli occhi della eterna poesia che si sprigiona dal ritmo delle sue musicali architetture e dell’acceso sorriso dei suoi stellanti velari».
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