In un breve articolo pubblicato nel 1928 per la rivista “Il Valsalva” edita da Luigi Pozzi intitolato «L’organo della voce in uno dei mosaici di S. Apollinare in Classe», il prof. Guglielmo Bilancioni offriva una singolare quanto curiosa interpretazione di quell’immagine cuoriforme posta al centro della cornice dell’abside: «Questa scena è circondata da cornici a fregi finissimi e nella fascia che limita anteriormente il catino, nel mezzo, tra il Redentore e la mano di Dio, in uno spazio lasciato dal convergere dei festoni arborei, sui quali graziosi alati si posano cantando, v’è un cuore, con le sue cavità sormontato da una specie di cornucopia, che non è se non la stilizzazione di una laringe con la sottostante trachea […]. Qui temo di urtare la sensibilità degli artisti e degli archeologi. Come? Un cuore e l’apparato laringo-tracheale in un mosaico di così puro e classico misticismo? Ebbene è così; basta richiamare le conoscenze che in quell’epoca si avevano sulla fisiologia della voce umana per dovere ammettere che questo simbolo anatomico completa e spiega il significato del grande quadro. […] Il gesto della mano dell’Eterno che affiora fra le nubi dell’empireo sarebbe restato muto, se non supplisse il disegno schematizzato, che mostra come invece al moto della mano si accompagni la voce divina, la quale indica ai fedeli il sublime Figliolo. Questa nostra esegesi, perfettamente ortodossa, concorda con le idee che si avevano circa la voce errante e spaziante nei cieli».
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