Gabriel Faure, scrittore e giornalista francese, dedicò parte della sua produzione ai libri di viaggio e tra il 1910 e il 1913 diede alle stampe “Heures d’Italie”, un testo che fu tradotto in italiano nel 1928 con il titolo “Ore d’Italia”. In queste pagine, a tratti poetiche, egli descrisse la bellezza di Ravenna e dei suoi sfolgoranti mosaici: «Da alcuni anni tanti libri d’arte […] han descritto i mosaici di Ravenna, perché io tenti di illustrarli ancora. A chi li ha visti che cosa importano le mie povere frasi? A chi non li conosce, come darne anche una semplice idea? Durante la prima visita la mia erudizione si smarrì, volendo distinguere tra di essi le opere note nelle tre grandi epoche di Ravenna: Galla Placidia, Teodorico e Giustiniano. Dinanzi agli arabeschi d’oro su fondo azzurro del mausoleo di Galla Placidia, come a Sant’ Apollinare Nuovo, dinanzi alle processioni del Santi e delle Sante che sfuggirono per miracolo ai bombardamenti aerei dell’ultima guerra, come dinanzi all’abside solitaria di San Vitale, ove Giustiniano e Teodora sorgono in uno scintillio, l’occhio resta confuso dinanzi all’orgia dei colori di questi incomparabili mosaici. Ci si domanda come mai umili e meravigliosi artisti seppero ottenere simili effetti con cubetti argentati o dorati, con le paste di vetro dalle sfumature svariate, le cui superfici rugose si agganciano le une alle altre e fanno riflettere la luce… Lasciando questi santuari sfolgoranti, si cammina come se si uscisse da un sogno».
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