È uscito in sala Green Border della regista polacca Agnieszka Holland, un bel film politico sulla nostra storia di questi giorni che lascia il segno nella mente e nel cuore, e che ha vinto il Premio speciale della giuria a Venezia 2023.
Di Agnieszka Holland ricorderete l’epico Europa Europa, la storia di un ragazzino polacco ebreo che durante la seconda guerra mondiale sopravvisse ai rastrellamenti nazisti fingendosi tedesco ariano e iscrivendosi alla Gioventù Hitleriana.
Il titolo Green Border, Confine Verde, indica uno dei confini più affascinanti dal punto di vista naturalistico, e più disumani per i diritti umani: un vasto e insidioso territorio di boschi e paludi al confine tra Polonia e Bielorussia.
In questa zona negli ultimi anni si sta consumando un tragico dramma poco noto sui rifugiati che cercano di entrare in Europa attraverso quella frontiera. Migliaia di persone dal Medio Oriente sono tuttora intrappolate nel mezzo di una crisi geopolitica iniziata nel 2021: da un lato la propaganda della Bielorussa di Lukašènko, che “vende” la sua nazione come facile e comodo avamposto verso l’Europa in modo da provocarla e metterla in crisi, dall’altro la politica di respingimenti della Polonia, acuita poi dalla guerra in Ucraina.
Nel mezzo, i migranti, uomini donne e bambini, trattati in maniera disumana, rimbalzati dalle due polizie di frontiera come palline intrappolate in quel confine verde. Alcune storie si intrecciano nel film: una famiglia siriana arrivata in aereo con la speranza di entrare in Svezia; la giovane guardia polacca e sua moglie, dilaniati tra gli ordini di respingere i profughi e il rimorso per quello che sta accadendo; i volontari attivisti polacchi che cercano di aiutare le persone che resistono in quel limbo tra due nazioni.
Punti di vista diversi, prospettive diverse, per descrivere l’odissea umana delle migliaia di migranti coinvolte in un gioco di rappresaglia politica tra blocchi globali, e riproporre l’eterna domanda sulle nostre scelte morali prodotte dalle nostre scelte politiche. Green Border non è un documentario, ma parte da una realtà geopolitica ben precisa e attualissima, in un ben riuscito equilibrio tra le necessità della narrazione e della regia, e le istanze di urgenza e di necessità di fronte a uno stato di cose cristallizzato nella sofferenza. Un’opera che nell’essere spietatamente diretta, non dimentica che anche l’estetica e l’arte interne al cinema sono indispensabili per farci fermare, pensare e riflettere su come si sia persa l’etica delle azioni e si sia arrivati, qui in Europa, a dimenticare ogni forma di umanità.
Un film indispensabile e coraggioso.