Diverse settimane fa ho iniziato quella che ho chiamato “Trilogia del neutrino” partendo dal clamoroso risultato del gruppo del Gran Sasso che sostiene di aver misurato per in fascio di neutrini provenienti dal CERN una velocità maggiore di quella della luce. La Trilogia così iniziata non è mai stata completata: prima interrotta da vicende di cronaca, poi da mie vicissitudini personali.
Oggi puntata numero 2.
In realtà nella prima puntata non ho parlato davvero di neutrini e luce (fotoni), quanto piuttosto di fondamenta del metodo scientifico e di come si procede nella verifica di nuove scoperte.
Cerco di rimediare.
I neutrini sono particelle elementari poco conosciute ma estremamente comuni, prodotte da reazioni nucleari elettro-deboli, in particolare nel Sole, nella Terra, nello spazio, nelle centrali nucleari….e diffusamente in tutta la materia.
Furono ipotizzati per la prima volta nel 1930 dal grande fisico austriaco Wolfgang Pauli (nella foto) per giustificare le osservazioni del decadimento del neutrone senza violare il principio di conservazione dell’energia. Leggenda vuole che Pauli, all’epoca appena trentenne ma già professore in Fisica, l’abbia introdotto per fretta: attribuire l’energia mancante ad una fantomatica-invisibile-sconosciuta-nuova particella, senza carica e senza massa e che non interagisce con nulla, è roba che se proposta da uno studente bene che gli vada viene rimandato a casa con uno scappellotto….Ma la cosa si è poi rivelata corretta. Le vie del progresso della conoscenza sono infinite.
Nel 1934 Enrico Fermi incorporò nella sua teoria sul decadimento tale particella e lo chiamò neutrino. La prima evidenza sperimentale della sua esistenza avvenne nel 1956.
Come già detto i neutrini interagiscono in maniera debolissima: possono attraversare enormi quantità di materia senza interagire. Ogni secondo oltre 500 mila miliardi ( 5 x 1014 ) di neutrini ci attraversano come fossimo assolutamente trasparenti. Sono particelle a massa nulla o molto piccola, anche se la questione non è ancora stabilita con assoluta certezza. La sua velocità di propagazione sarebbe quindi quella della luce, se il neutrino fosse senza massa come il fotone, oppure di poco inferiore se fosse massivo. Questo almeno stando al Modello Standard, la teoria che descrive le particelle elementari, ma soprattutto stando alla teoria della Relatività Ristretta di Einstein, che prevede tra i suoi (due!!) postulati di base che nulla può propagarsi più velocemente della luce. Ne riparleremo, eh.
IL FATTO: I ricercatori dell’esperimento denominato OPERA presso i laboratori Nazionali del Gran Sasso, misurando la velocità di un fascio di neutrini in arrivo dal CERN di Ginevra, trovano una propagazione di circa 60 nanosecondi (60 miliardesimi di secondo) più veloce di quella della luce. A prima vista può sembrare poca cosa, ma in realtà si tratta di uno scostamento significativo.
Quanto osservato dai ricercatori del Gran Sasso non rientra nel quadro di conoscenze note finora. E neppure -cosa davvero sorprendente- nello sconfinato novero delle teorie. E dire che i teorici hanno avanzato un numero elevatissimo di proposte che superano il Modello Standard e anche la Relatività. Tuttavia per quanto ne so in nessuna si prevede che il neutrino debba viaggiare più velocemente della luce.
Posto che in ogni caso non sarebbe la “fine” di nulla, semmai un intrigante “inizio”, moltissime sono le possibilità che questo esperimento apre. Ma per prima cosa i risultati vanno verificati e confrontati, ripetuti, passati al vaglio della comunità scientifica internazionale e confermati da laboratori indipendenti….
(To be continued)