Da pochi giorni sono stati assegnati i Premi Nobel per Fisica, Chimica e Medicina, il massimo riconoscimento mondiale per gli scienziati di queste materie.
Come da copione, si è trattato di perfetti sconosciuti per il grande pubblico.
Come dai copione, nei primi minuti dopo l’annuncio i giornalisti dei siti d’informazione on-line di tutto il mondo si sono fiondati su Wikipedia per capire chi fossero, e scrivere due righe di senso compiuto.
Poi hanno dirottato le ricerche verso le loro pagine personali, per cercare di aggiungere qualcosa sulle loro ricerche, riuscendoci solo parzialmente.
Infine vanno a spulciare nella loro infanzia o giovinezza per cercare segni di sfighe particolari (guerre, povertà, malattie, migrazioni, deportazioni, tragedie varie…).
E sempre controllano le loro pagelle.
Ogni tanto ne scovano uno che non ha primeggiato dall’asilo al dottorato e non mancano di farcelo notare. Credo questo avvenga per gratificare il nostro bisogno di poterci sentire un poco come loro.
Oppure per poter immaginare che loro sono un poco come noi.
Ho avuto la fortuna di conoscerne diversi (e diversi che ho conosciuto lo vinceranno, ne sono certa) e vorrei qui sfatare due false credenze.
Primo. I premi Nobel sono effettivamente come noi.
Sono simpatici, mediamente stronzi, chi più chi meno. Si innamorano, fanno figli, divorziano, hanno le occhiaie, le rughe, qualcuno i capelli bianchi (chi li ha ancora). Si addormentano alle conferenze (ma poi fanno sempre domande intelligenti), ridono, si ubriacano, parlano di loro ma amano anche ascoltare. Chi fa jogging, chi nuota, chi legge, chi fuma e chi fuma moltissimo, chi è vegetariano e chi non considera carne il prosciutto (io in genere non considero prosciutto l’ham, ma vabbè). Chi balla e chi si abbuffa ai coffee break. C’è chi si ammala, chi vive tragedie familiari e chi muore.
Secondo. Rassegnamoci. A scuola sono stati mediamente più bravi di noi.
Sono intelligenti, curiosi e lavorano tantissimo, a ritmi difficilmente immaginabili. Tutti.
I loro risultati scolastici sono sempre stati brillanti, se non eccellenti. Si tratta pur sempre di persone che hanno laurea e dottorato, spesso in università prestigiose con difficile accesso. Che senso ha sminuirli?
I casi riportati sono decisamente sporadici, e sensazionali proprio per la loro eccezionalità. Si tratta poi quasi sempre di mancanze temporanee o comportamentali, dovuti a indoli non comprimibili in schemi educativi angusti o rigidi.
Già che ci siamo sfatiamo anche l’insufficienza in matematica di Einstein. E’ vero che nel 1885 fu respinto all’esame d’ingresso al Politecnico di Zurigo. Ma si dimentica sempre di ricordare che tentò l’esame due anni prima di avere l’età minima prevista per l’ingresso (18 anni, lui ne aveva 16). E si dimentica che l’insufficienza fu in materie letterarie. Ritentando l’anno successivo verrà ammesso.
Almeno per pochi giorni all’anno lasciamo perdere malintese e inutili pretese di confronto, e concentriamoci solo su di loro.
Cerchiamo di pronunciare almeno una volta nella vita i loro nomi, gettando magari uno sguardo nell’avanguardia della ricerca. (O quasi-avanguardia, visto che i Nobel in genere vengono assegnati molti anni dopo delle scoperte cui si riferiscono. Questo per far sì che il risultato sia confermato e acquisito oltre ogni dubbio).
Abbassare il loro livello non innalza il nostro.
Rendiamo loro merito per ciò che sono. Grandissimi scienziati.
Proviamoci, solo per pochi giorni all’anno.
Poi, come da copione, dimentichiamocene.
Ma facciamo in modo che ci rimanga la consapevolezza dell’importanza dello studio e del duro lavoro, indispensabili per raggiungere quelle vette della conoscenza.
Vincitori del Premio Nobel 2012
MEDICINA: John B. Gurdon (Univ. Cambridge) e Shinya Yamanaka (Univ. Kyoto) per i loro lavori pionieristici sulle cellule staminali: “La scoperta che le cellule mature possono essere riprogrammate per diventare pluripotenti è rivoluzionaria”. Nel 1962 Gurdon clonò una rana partendo da cellule adulte. I lavori di Yamanaka invece hanno mostrato come creare staminali da cellule adulte, fornendo staminali senza la distruzione di embrioni. Sono alla base dell’attività della maggior parte dei laboratori di medicina rigenerativa. Ancora non utilizzate sull’uomo.
FISICA: Serge Haroche (Ecole Normale Superieure, Parigi) e David Windeland (National Institute of Standard and Technology, Boulder, Colorado), per le loro ricerche sulle interazioni quantistiche tra luce e materia, “aprendo le porte a una nuova era di sperimentazione”. I loro studi “hanno dato il via anche alla costruzione di sistemi estremamente precisi che potrebbero portare alla creazione di un nuovo standard di tempo” . Infatti, utilizzando il metodo di intrappolazione degli ioni messo a punto del fisico americano un orologio costruito ai tempi del Big Bang, (cioè 14 miliardi di anni fa) oggi avrebbe solo 5 secondi di scarto.
CHIMICA: Brian Kobilka e Robert Lefkowitz (entrambi alla Stanford Univ. California), per le loro ricerche sui recettori delle cellule che le aiutano ad adattarsi all’ambiente esterno e a reagire a stimoli come luce, odori, sapori. Attualmente la metà dei farmaci utilizzano questo tipo di recettori (detti ricettori di proteina G). Il Nobel è assegnato per lavori iniziati alla fine degli anni ’60 da Lefkowitz e continuati nei decenni successivi dall’allievo Koblika.