mercoledì
25 Giugno 2025
Rubrica Eppur si muove

Relatività: la nascita

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In un ciclo sulla Relatività non si può non partire da chi la Relatività l’ha inventata per primo. E non è Einstein ma Galileo. Sì, sempre lui.

Ma prima di ogni altra cosa vorrei subito sgombrare il campo da equivoci: nessun fisico degno di questo nome (men che meno Einstein) ha mai detto che “Tutto è relativo”, come ai filosofi della domenica è piaciuto invece tradurlo. Con principio di “Relatività” non si intende nella maniera più assoluta sdoganare nessuna sorta di “relativismo”. Al contrario si tratta di un vincolo che viene imposto sulla validità delle teorie fisiche.
Inoltre occorre anche dire che il principio di Relatività non è propriamente una teoria fisica, ma qualcosa di più fondamentale, che ha a che fare con i concetti di spazio e di tempo, e di conseguenza, con le grandezze cinematiche-geometriche definite a partire da esse (velocità, accelerazione), che sono i mattoni su cui costruire la Fisica: meccanica, dinamica, elettromagnetismo, …
E’ una sorta di regola di invarianza cui debbono soggiacere le teorie fisiche per essere valide quando descritte in sistemi di riferimento in moto “relativo” (ecco, da dove viene Relatività!) l’uno rispetto all’altro.

Ma partiamo dall’inizio, e, come dicevo, l’inizio non è Einstein ma Galileo. Fu lui infatti il primo a formulare nel Seicento il principio secondo cui la Fisica non cambia se descritta in sistemi di riferimento in moto rettilineo uniforme l’uno rispetto all’altro.

Oblo
Questa frase che può sembrare astratta ha in realtà un significato molto intuitivo, e lo stesso Galileo la spiega con un famoso esempio: quello della nave. Se siamo a bordo di una nave chiusa, senza la possibilità di guardare fuori, che si muove a velocità costante e mantenendo la medesima direzione per tutto il tempo del tragitto, non esiste alcuna maniera per chi vi è dentro per capire se la nave si sta muovendo oppure è ferma rispetto a terra. Se abbiamo una palla da lanciare o da far rimbalzare continuerà a farlo normalmente, se abbiamo una brocca da cui versiamo acqua essa non verrà deviata in maniera strana dal movimento della nave, pendoli che oscillano o lampadari pendenti continueranno a comportarsi come se la nave fosse ferma, farfalle o insetti voleranno liberamente nella stanza senza venire schiacciati contro una parete…
Ciò significa che il mondo (e il suo contenuto) di cui facciamo parte e di cui facciamo esperienza non distingue tra sistemi che sono in moto l’uno rispetto all’altro con velocità costante, cioè senza accelerazioni relative. E la “fisica”, la scienza che vuole descrivere i fenomeni che ci circondano, dovrà fare lo stesso.
E’ esperienza comune di ognuno di noi in viaggio su un treno, su un’auto, in traghetto. Ci si accorge di essere in movimento solo nelle fasi di accelerazione iniziale e decelerazione finale, oppure nelle curve (per curvare occorre accelerare di lato), in cui siamo spinti contro il sedile, in avanti oppure di lato. Se la velocità è invece rettilinea e uniforme non ci accorgiamo di muoverci, se non guardando fuori dal finestrino. E’ l’accelerazione relativa che muta lo stato delle cose, i loro comportamenti e le conseguenti osservazioni.
Questo principio, banale all’apparenza, è il principio di Relatività galileiana.

sist_rif_nave
Ricordate le leggi della dinamica di Newton menzionate nel post precedente? Esse valgono solo nei sistemi di riferimento “inerzali”.
Ma quali sono i sistemi di riferimento inerziali? Quelli dove, in assenza di Forze, non si registrano accelerazioni.

Il principio di Relatività galileiana ci dice che le leggi della meccanica sono le stesse in tutti i sistemi di riferimento inerziali, qualunque sia la velocità (purchè costante) con cui essi si muovono gli uni rispetto agli altri.

Questo principio si traduce nelle famose regole di trasformazione delle velocità tra sistemi di riferimento in moto relativo uniforme, dove le velocità si sommano vettorialmente. Nota bene: le velocità NON rimangono le stesse se misurate in sistemi di riferimento in moto l’uno rispetto all’altro (le accelerazioni sì).
Faccio un esempio.
trasformazioni_GalileoSe su un vagone che si muove ad una certa velocità di 45 Km/ora (voglio essere realistica) lancio una palla orizzontalmente alla velocità di 10 Km/ora, uno che osservasse la scena da terra vedrà la palla muoversi alla velocità 45 + 10 =55 Km/ora (se l’ho lanciata nello stesso verso del moto del vagone), oppure 45 – 10=35 Km/ora se l’ho lanciata nel verso contrario. Ovvio, no?

Ecco, vedrete che quello che sembra ovvio o banale svanisce appena fa il suo ingresso nel campo di gioco la luce.
E quando vacilla qualcosa che appare ovvio, allora statene certi: è rivoluzione.

Infatti le regole di trasformazione delle velocità di Galileo risulteranno incompatibili con le equazioni di Maxwell che a fine Ottocento arrivano a descrivere  in maniera compiuta i fenomeni elettromagnetici, di cui la luce appare come caso particolare. La luce è descritta come sovrapposizione di campi elettrici e magnetici, e questi campi non sembrano seguire le regole di trasformazione galileiane, portando a degli assurdi. Per questi campi elettromagnetici sembrano invece valere delle bizzarre trasformazioni delle velocità (LINK), dette “di Lorentz”, dal nome del matematico che per primo le ha introdotte.

Maxwell
A fine Ottocento ci si trova quindi con due pilastri della Fisica: il principio di Relatività di Galileo da cui è discesa tutta la meccanica newtoniana, e l’elettromagnetismo di Maxwell che descrive compiutamente onde e fenomeni elettromagnetici dopo due secoli di studi.
E questi due pilastri sono tra loro incompatibili.

La situazione ideale per un clamoroso passo in avanti della Scienza.
Che infatti non tardò ad arrivare.

 

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