A chi ha lavorato e a chi ci ha creduto. Non c’è da cantar vittoria per l’ingresso di Ravenna fra le finaliste per il titolo di Capitale Europea della cultura: è solo un tappa verso l’obiettivo finale, ancora tutto da conquistare.
Ma va detto che lo staff di Ravenna 2019 ha lavorato bene, ed evidentemente ha ben interpretato lo spirito della sfida, se l’ha spuntata su altre 15 città, alcune ben più note e “potenti“, a partire da Venezia. E lo ha fatto con una squadra di giovani, senza padrini altisonanti, lavorando molto “dal basso“, senza ingenti risorse, coinvolgendo i comuni romagnoli. Forse, dopo questo esito positivo, chi è stato alla finestra sarà meno scettico e aderirà al progetto e chi ha aderito formalmente, magari con un obolo, sarà più convinto ad impegnarsi con qualche risorsa in più. C’è da augurarselo, meglio tardi che mai, vista la grande spinta collettiva che servirà per continuare a sostenere la candidatura di Ravenna.
Va dato atto al coordinatore Cassani e al sindaco Matteucci che sul piano politico hanno adottato una strategia giusta, puntando sulla vocazione culturale della città, il rilancio della sua immagine in campo nazionale e internazionale e del suo valore turistico. Una scelta difficile in un duro contesto di crisi dove si è fatta largo la convinzione che «con la cultura non si mangia». Una scommessa che a quanto pare non era solo propaganda in una partita che vale la pena di essere giocata fino in fondo e che, comunque vada – almeno in termini di esperienza, idee e progetti qualificati – qualcosa di buono lascerà.
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