I leoni giocano attorno al pino e si scatena un putiferio.
Prendiamo atto in seconda battuta della acerrima esecrazione del sindaco Matteucci per la vignetta che avrebbe deturpato e vilipeso lo stemma comunale. Quale primo cittadino sbatte il pugno sul tavolo del suo mandato di rappresentanza di tutti i ravennati. Come avevamo scritto, è sua prerogativa e fa parte del suo mestiere. Così rispettiamo le sue critiche. Ma fino a un certo punto.
Forse sarebbe il caso di spostare l’attenzione dai simboli alle “allusioni“ che sono evidenti in quell’opera satirica. Si può essere d’accordo o meno che ci sia una comunità divisa, inquieta e insoddisfatta, non propensa a prendersela in quel posto ma forse è un sentimento che circola fra i cittadini. Che magari non sono proprio una minoranza di facinorosi, sobillati da un disegnatore ribelle pubblicato da un giornale estremista, irrispettoso delle istituzioni. Visti i tempi che corrono sarebbe bene non sottovalutare una certa esasperazione, una conflittualità dilagante che non è sempre frutto di provocazioni.
I simboli sono importanti caro Sindaco ma non possono da soli incollare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e nella politica che le governa. Castigat ridendo mores, così definivano gli antichi la satira: svelare con una battuta ironica o sarcastica all’opinione pubblica, comportamenti criticabili dell’esercizio del potere. Un riso che serve a ricondurre all’etica e alla responsabilità morale certe deviazioni o inconcludenze del cosiddetto realismo (cinismo?) politico. In tal caso non c’è nulla di cui dovremmo scusarci.
Nel nostro tentativo di proporre ai cittadini-lettori una libera informazione sulla vita della nostra città ci sta anche la satira, che da tempo immemorabile è una forma della critica della politica. A ognuno le proprie responsabilità, compresi i commentatori del nostro sito, che lei caro Sindaco ha tempo addietro definito “teppisti del web“. Dal Web 2.0, caro Sindaco, non siamo disposti a tornare indietro: diciamo soltanto che su internet la reputazione logora chi non ce l’ha. Anche se si nasconde nell’anonimato.
Sicuramente rispediamo al mittente le Sue incomprensibili correlazioni fra il nostro lavoro giornalistico e le “bandiere italiane nel cesso“ dei leghisti o il “lancio di banane“ al ministro Kyenge. Non ci stiamo per niente ad essere accostati come redazione e giornale a razzisti o a neofascisti. A queste attribuzioni non ci crede nessuno. Forse nemmeno lei. Ne sono testimonianza i 30mila articoli reperibili nella pancia del nostro sito.