A Sant’Agata sono stati sospesi i lavori alla linea ferroviaria nei pressi del ponte sul fiume Santerno, che avrebbero consentito di riaprire la circolazione dei treni dall’inizio di ottobre dopo l’interruzione di maggio per l’alluvione che fece crollare una parte di argine su cui correva il binario, perché il sindaco condivide i dubbi di una parte della cittadinanza sulla sicurezza delle opere in caso di future piene del corso d’acqua. 

In sintesi è accaduto che la protezione civile ha ricostruito gli argini facendoli più alti di almeno un metro rispetto a prima ma il ponte ferroviario è rimasto alla quota di prima e quindi per riaprire al transito dei convogli si è deciso di abbassare gli argini nei punti in cui incrociano la linea ferroviaria e procedere con il cosiddetto esercizio transitorio. Un accordo fra i vari enti coinvolti prevede che in caso di allerta meteo si proceda con la sistemazione di materiale pronto nelle vicinanze per rialzare la quota dell’argine.

Ai neofiti appare singolare pensare di fare una sorta di rincalzo degli argini alla bisogna quando si teme un’ondata di piena. Al tempo stesso potrebbe parere strano che un sindaco sposi le paure (anche legittime) di una parte di popolazione e intervenga sulle scelte di ingegneria civile e idraulica.

Quello che finora non è stato tenuto in considerazione è che sulla linea Faenza-Lavezzola che passa da Sant’Agata viaggiano quattro treni al giorno, due in un senso e due nell’altro, a beneficio quasi esclusivo di un manipolo di studenti che lo usano nove mesi all’anno. E se la soluzione per gli argini fosse togliere il treno e tenere l’autobus che attualmente sta fornendo il servizio sostitutivo? Se ne parlò già negli anni Novanta in consiglio provinciale e ci fu qualcuno che, tra il serio e il faceto, arrivò a ipotizzare una maggiore convenienza economica per le casse pubbliche nel pagare un servizio taxi per gli studenti piuttosto che il mantenimento del treno.