La letteratura incrocia fantastico e realtà più spesso di quanto si immagini. Fra gli strumenti narrativi principali che usa, c’è la commedia filosofica; e spesso, per raccontare lo stato drammatico dell’umanità si è fatto scendere sulla terra il Creatore o un suo inviato più che speciale. Così si è visto al cinema il dissacrante “Dio esiste e abita a Bruxelles” (2015, regia di Jaco Van Dormale); e si è letto lo strepitoso e struggente “A volte ritorno” (2011) nel quale John Niven fa tornare fra i mortali lo stesso Gesù.
Molti anni prima, nel 1989, Arto Paasilinna, grande scrittore finlandese, aveva pensato a un processo all’apparenza molto diverso. In “Un gruista in paradiso”, arrivato in Italia solo quest’anno (Iperborea, traduzione di Nicola Rainò), Dio è stanco e decide di prendere un anno sabbatico; questo perché «la maggior parte dell’umanità era talmente bellicosa, avida, meschina e assetata di potere, che Dio non poteva fare altro che guardare al risultato con profonda costernazione». Serve però un sostituto ma né San Pietro, né l’arcangelo Gabriele vogliono sobbarcarsi il compito; neppure per un anno. Con una selezione da concorso a premio si arriva trovare un “supplente di Dio”: è Birger Pirjeri Ryynänen, gruista di Helsinki, che nella cima della sua torre alta quaranta metri, sempre solo, si rivolge spesso all’Onnipotente. D’altra parte, scrive Paasilinna, «Era un uomo di ampie vedute».
Arrivato in Paradiso, che si trova in un vecchio castello in Bulgaria, Pirjeri mostra di avere obiettivi ambiziosi: salvare l’ambiente, portare la pace nel mondo e… spostare la sede del Paradiso in Finlandia, nella chiesa gigantesca e di legno di Kerimäki. Ma in tutto questo non può non mettere lo zampino l’antagonista principale di Dio, ovvero il diavolo. Che sa trasformarsi anche in hacker…
Un grande romanzo, con invenzioni strepitose e analisi precise della realtà, in sintonia con il periodo in cui è stato scritto. Come l’incontro in Vaticano con il papa, “reazionario” e polacco, che non cede di un millimetro dalle proprie posizioni: non si parli d’aborto o di diritti delle donne. E, quindi, viva il fantastico che sa raccontare la realtà spesso molto meglio di tanti romanzi mainstream; lavorando con le armi della satira e dell’eccesso per meglio far capire quanto siano grandi e diffuse le diseguaglianze, quanto si stia devastando l’ambiente; e come, forse, occorra davvero un miracolo per salvare l’umanità.



