domenica
24 Agosto 2025
Rubrica Letti per voi

Pennacchi e quel giallo col Bardo

Condividi

9788829792436 0 0 536 0 75

Terza di copertina, bandella: «Un esordio nel giallo folgorante». Sotto, in un tondo, il volto con un’espressione da sfottò dell’autore, Andrea Pennacchi. L’attore, drammaturgo e regista veneto è conosciuto per i monologhi nel programma “Propaganda Live” nel ruolo del Pojana. Ma è anche un ottimo, e romantico, vice ispettore di polizia nella serie Petra, ispirata ai romanzi di Alicia Giménez-Bartlett. Ma il suo Se la rosa non avesse il suo nome (collana Lucciole di Marsilio) è un esordio ma non nel giallo. È un romanzo d’avventura e mistero (può ricordare le trame di Marcello Simoni), con una grande ambientazione storica, nella quale si muovono personaggi reali e figure immaginarie, scritto con grande ironia, e un costante riferimento al teatro di William Shakespeare.

Ed è appunto il “bardo” il protagonista dell’intrigo: nel romanzo diventa quasi sempre Will, con un soldato – Saviolo – che gli fa quasi da guida a Padova che ne storpia di continuo il cognome, con risultati divertenti, come “Skekisper”.
È in Italia per rintracciare, e riportare a casa, un nobile per conto della Corona inglese. Ma in quell’estate bollente del 1587, a Padova appunto, si incontrano Giulietta e Romeo; un giovane pisano che si chiama Galileo; un magus; un giovane studente inglese dalle mille risorse, Marlowe; frati ed ex combattenti nello scontro navale di Lepanto.
Così, fra celebri amori contrastati, risse e ubriacature poderose, capita che Will sia accusato dell’omicidio di Tebaldo, cugino di Giulietta. Il grande drammaturgo inglese non ha ammazzato nessuno, ma ci vorrà del bello e del buono per scoprire la trama intera in cui è intessuta la storia.

L’indagine non è però il filo rosso principale. Come è subito chiaro Andrea Pennacchi, grande conoscitore del Bardo, racconta le vicende che potrebbero/dovrebbero aver ispirato la produzione poetica e teatrale di Will(iam) Shakespeare, partendo dal titolo che parafrasa un passaggio del secondo atto di Romeo e Giulietta: «What’s in a name? That which we call a rose / By any other name would smell as sweet»; che, più o meno, significa: «Cosa c’è in un nome? Quella che chiamiamo rosa / con un altro nome profumerebbe ugualmente dolce». Un romanzo affascinante, che invoglia a (ri)leggere o a rivedere in scena le opere di William Shakespeare; un gioco per appassionati di teatro, con un pizzico di brivido e molte sorprese. E potrebbe non essere la prima avventura di Will Sakesbirre in Italia.

Condividi
CASA PREMIUM

Spazio agli architetti

Le sette porte storiche di Ravenna come “accessi turistici privilegiati”

Lo studio Denara tra i vincitrici di un concorso internazionale promosso dalla Uia

Riviste Reclam

Vedi tutte le riviste ->

Chiudi