Sopravvivere al post-rap

The Darker The Shadow The Brighter The Light

The StreetsThe Darker The Shadow The Brighter The Light (2023, Warner)

Il primo disco di The Streets (one-man band inglese gestita quasi in toto da un tale di nome Mike Skinner) arrivò tra capo e collo all’inizio degli anni duemila e fece girare molte teste. Si inseriva perfettamente in un certo filone rap dell’epoca, che oggi è anche difficile da descrivere perché si è sostanzialmente estinto. Un po’ triste a pensarci.

Era una specie di approccio trasversale all’hip hop che sembrava un po’ quello che il postrock era stato per il punk: continuiamo a suonarlo ma non vogliamo suonare come quelli che ci hanno preceduto, e quindi c’era tutta una cultura diversa del beat e del campionamento e perfino del rap, a volte così imbastardita che era quasi impossibile venderla agli autentici appassionati del genere. Forse è per quello che a un certo punto è evaporato, sta di fatto che ancora oggi alcuni dischi di Cannibal Ox, Buck 65, Anti Pop Consortium, cLOUDDEAD e simili (più tardi Madvillain e altri) suonano da dio e vengono ancora ricordati, magra consolazione, come bandiere di un’epoca di passaggio che nei nostri ricordi è ancora eccitante e piena di pepite da tirar fuori.

In ogni caso The Streets, per qualche motivo, è sopravvissuto alla fine del suo contesto. Forse il suo primo disco aveva avuto un tale successo da permettergli di viaggiare col suo passo e farlo considerare un artista sui generis, forse alcune delle cose a cui si era attaccato come una cozza (quell’elettronica tipo UK garage) sono poi tornate in una versione potenziata quando Burial e il giro Hyperdub si sono presi l’immaginario britannico, una cosa che ha permesso di considerare Skinner, insomma, magari non proprio un precursore ma sicuramente un figlio legittimo del suo tempo. Oggi, in ogni caso, The Street suona ancora.

Il progetto è stato in freezer per dieci anni ed è tornato alla chetichella; venerdì scorso è uscito The Darker The Shadow The Brighter The Light, il secondo album della seconda vita artistica di Mike Skinner. Un disco che testimonia quanto The Streets riesca ancora a dare spettacolo con mezzo beat e due campioni sfatti, e quanto sia ancora capace di suonare essenziale senza suonare scalcinato. E soprattutto quanto riesca a convincerti, in qualche modo, che tra le pieghe del suo nuovo disco ci sia ancora tanta roba da scoprire.

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