Caroline – caroline 2 (2025 Rough Trade)
Per una convenzione di cui abbiamo già avuto modo di parlare, la discografia tradizionale fa uscire i nuovi dischi il venerdì. Per sapere quali nuovi dischi escono, e quindi farsi una lista di quali ascoltare, si può ricorrere a tanti stratagemmi. Il primo sono le liste compilate sui siti di musica, che vengono compilate secondo vari criteri. Ad esempio Pitchfork preferisce fare un elenco di 15/20 dischi che sono particolarmente importanti, mentre Consequence mette più o meno tutti i dischi di cui c’è notizia nel mondo anglosassone; il più affidabile forse è Albumoftheyear, un aggregatore che mette gli album in un ordine di gradimento e aspettativa e scava piuttosto in profondità (a me capita spesso, per dire, di sapere poco e niente sul disco più atteso della settimana ma di scoprire, tre pagine dopo, che i miei adorati Birth Defects hanno un disco in uscita.
Poi ci sono le liste “nuove uscite” sui portali di streaming, con artisti che magari non conosci ma metti su perché hanno un nome che ti ispira o una copertina che sembra promettere bene. E poi ovviamente le recensioni; tutte le riviste online che si rispettano hanno un “disco della settimana”, e di solito sono dischi che vanno ascoltati. I miei posti di riferimento sono il già citato Pitchfork, che ogni venerdì mette online un “best new music” (un disco “raccomandato”, di solito in area pop/hop/ colta), The Quietus (rivista britannica che si occupa di musica più d’avanguardia) e Stereogum (americana e molto più concentrata sui generi indie-folk). Di solito i tre dischi raccomandati da queste riviste li ascolto sempre, ed è un evento molto raro che due di queste tre riviste mettano come disco della settimana lo stesso album che sta in una delle altre.
Non mi era mai successo, prima di venerdì scorso, di vedere lo stesso disco eletto album della settimana in tutti e tre i posti. Poi è uscito il disco dei londinesi caroline, collettivo di otto elementi che potreste definire “postrock” o “indie” o “folk orchestrale” senza venir tacciati di incompetenza. È il secondo album di una formazione che ama le composizioni complesse e gli arrangiamenti ultra-cesellati. Un gran bel disco, in effetti, con un approccio musica- le tradizionalista ma vicino a una certa classica contemporanea, che sembra in grado di copre le distanze tra passatismo indie e presentismo pop. Hai detto niente.