L’orgoglio nero in cima al mondo con Kendrick Lamar e Beyoncé

Beyonce Coachella Performance ReactionsSono successe due cose negli Stati Uniti in questi giorni che forse è bene sottolineare anche in questa piccola e lontana città di provincia. Due cose di cui hanno parlato tutti i giornali e i siti internet (non solo musicali) e che non hanno fatto altro che ribadire la grandezza di due artisti che stanno diventando icone di questi anni.

La più recente è la premiazione di lunedì 16 aprile alla Columbia University di New York, dove Kendrick Lamar è diventato il primo rapper a vincere il Pulitzer per la musica, 101 anni dopo l’istituzione del premio assegnato finora sempre in ambiti classici o jazz (fatta eccezione per alcune menzioni speciali come quella del 2008 a Bob Dylan). La giuria ha definito il suo disco dell’anno scorso, Damn, «una pietra miliare» e «una collezione virtuosa di canzoni accomunate da vernacolare autenticità che propone aneddoti ficcanti in grado di catturare la complessità della vita moderna degli afroamericani». E il Pulitzer non tiene nemmeno conto delle basi musicali, ma l’originalità del flow (il “flusso” del cantato nel rap) e la sua capacità di portare l’hip hop fuori dai confini del genere arrivano a creare quella che è probabilmente una sorta di musica black definitiva di questo terzo millennio.

L’altro avvenimento è di due giorni prima, sabato 14 aprile, quando, per citare una serie di titoli di giornali americani e britannici (dai più prestigiosi fino a semplici riviste on line) Beyoncé «ha fatto la storia al Coachella». Un concerto di quasi due ore che l’ha definitivamente elevata a paladina R’n’B della comunità afroamericana, ma anche, come scrivono gli addetti ai lavori, dei diritti delle donne e della comunità Lgbtq. «Non ce ne sarà un’altra più significativa (di performance, ndr), intensa e radicale quest’anno e neanche in quelli a venire», ha scritto il “New York Times” sintetizzando quello che hanno pensato in migliaia. Beyoncé è stata la prima donna nera a salire sul palco del Coachella da headliner  della rassegna musicale del deserto californiano e il suo concerto ha come ipnotizzato l’America (e grazie alla diretta streaming un po’ tutto il mondo). Tra ballerini e ballerine (pare ne abbia assunti 100 con cui ha provato per 11 ore al giorno), tributi a Nina Simone, citazioni di Malcolm X («La donna nera è la persona meno rispettata d’America»), siparietti con il marito Jay-Z, le danze con la sorella Solange, la reunion delle Destiny’s Child, coreografie da parata militare, 125mila spettatori in delirio, scenografie e costumi impeccabili (dallo stile Cleopatra alla divisa da liceo passando dalla pantera nera, il busto di Nefertiti, il pugno del black power…). Almeno una cinquantina le persone sempre sul palco per una sorta di marching band gigantesca, senza batteria e basso, ma con un’enorme sezione di tamburi e fiati con cui ha totalmente rivisitato il suo ultimo album Lemonade.
Dettagli e video (per arrivare a quello integrale bisogna affidarsi alla pirateria) ne trovate ovunque sul web.

Qui al momento vale la pena solo ribadire che questi sono gli anni di Kendrick e Bey, star planetarie che hanno ribaltato il tavolo portando i neri in cima al mondo, tra rabbia, soprattutto il primo, e orgoglio, soprattuto la seconda. E se in Italia non sono stati ancora del tutto capiti, forse è anche per questo…

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