venerdì
24 Ottobre 2025

“7 sconosciuti a El Royale”: thriller mozzafiato tra peccati e peccatori in un hotel fatiscente

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7 Sconosciuti A El RoyaleGli Oscar non mi sorprendono e mi interessano pochissimo. Ha vinto Green Book, il film che maggiormente incarna lo spirito dei sentimenti buoni e politicamente corretti, un buon film ma ben inferiore ad altri, per esempio a:
7 sconosciuti a El Royale (di Drew Goddard, 2018)
Stati Uniti, fine anni sessanta: nell’affascinante, decaduta e fatiscente location dell’albergo El Royale, situato sul confine tra California e Nevada si incontrano alcuni personaggi tra loro sconosciuti. Queste persone, tra cui una giovane cantante, un anziano prete, un venditore di lavatrici e una hippie, giungono casualmente in un luogo simbolo del peccato, accolti da un giovane e timido concierge d’hotel, si troveranno a espiare una serie di errori commessi in passato. Per descrivere con semplicità e con divertente banalità il film, immaginatevi una sorta di Cluedo (il gioco, ma anche il film), che pian piano somiglia sempre di più a Hateful Eight con il montaggio temporale di Pulp Fiction e una continuazione in stile Le Iene.

Bad Times At The El Royale (il titolo italiano è schifosamente “spoilerante”, non vi dico perché) è un film che inizia a incuriosire subito per poi catturarti quasi immediatamente in un vortice di dialoghi, situazioni, imprevisti e una dose massiccia di colpi di scena che generano inevitabilmente anche tanta violenza. Usando le ormai note e non troppo originali (ricordate sempre il Sommo Kubrick e il suo Rapina a mano armata) tecniche del flashback e del parallelismo narrativo, Goddard divide il film in capitoli ognuno dei quali dedicato alla stanza d’albergo in cui alloggia il protagonista di turno, per presentarci peccato e peccatore.
Il film è lungo, forse un po’ troppo, ma ha una messa in scena maestosa, degna dei migliori film di spionaggio degli anni 60/70, è molto verboso ma i dialoghi sono straordinari, inoltre presenta personaggi magnifici associati a interpreti straordinari: i migliori in campo risultano il misterioso venditore John Hamm, il prete Jeff Bridges, e la magnifica e non troppo nota cantante inglese Cynthia Erivo, questi ultimi due assoluti mattatori della scena, a colpi di dialoghi (il primo) e canto (la seconda).

El Royale è una goduria per gli occhi e per le orecchie, vista la colonna sonora straordinariamente adeguata che ascoltiamo per tutto il film grazie a un juke box che scandisce il ritmo delle scene; inoltre la vicenda è talmente ben costruita che come una tela di ragno ti avvolge senza guardare l’orologio e scatenando la curiosità dello spettatore.
Siamo a fine anni sessanta e il regista nelle tematiche del film ci inserisce tutti gli elementi del periodo, dal Vietnam alle sette sataniche, dai Kennedy a Nixon passando per la Cia. Non tutto sarà svelato, c’è un delizioso MacGuffin* legato a una pellicola misteriosa, anche se la vicenda sarà decisamente risolta.
Un thriller mozzafiato, un film bellissimo, che qualche difetto lo allontana solo leggermente dal capolavoro, ma che è una totale goduria per gli appassionati di quello che viene chiamato cinema “pulp”. Con Roma di Cuaron e Buster Scruggs dei Coen completa il mio personale podio dei film della stagione, con Zombie contro Zombie outsider. Gli Oscar son serviti. Già passato nelle sale e già disponibile in digitale e in streaming, El Royale è uno di quei film con cui testare i vostri nuovi e magnifici televisori 4K o, ancora meglio, da vedere nelle arene.
*Il MacGuffin è un espediente inventato da Hitchcock e riportato in auge da Tarantino (la valigetta di Pulp Fiction) che indica un elemento il cui significato è noto ai personaggi del film, ma non allo spettatore… e probabilmente neanche al regista.

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