THE BAY, di Barry Levinson (2012)
Prima di parlare del film in questione, riassumiamo il curriculum di Barry Levinson, 71 anni: A cena con gli amici (recuperare), Il migliore, Piramide di paura, Good Morning Vietnam, Rain Man, Bugsy, Toys, Rivelazioni, Sesso e potere e così via. Insomma, un pilastro assoluto di Hollywood e autore di alcune delle commedie a sfondo drammatico più note degli anni ’80-’90. Dopo un po’ di anni di comprensibile declino, si legge di un suo ritorno con un horror prodotto da Oren Peli, e cioè il signor Paranormal Activity. Che succede? In realtà Levinson da qualche tempo si cimenta con documentari. The Bay è invece un “mockumentary” (un documentario falso) ed è girato con la tecnica del “found footage” (video ritrovati dopo i fatti narrati del film), due tecniche, soprattutto la seconda, sviluppatesi in poco tempo (nell’horror fu introdotta da The Blair Witch Project e resa ancor più nota proprio da Paranormal Activity) ma di cui già purtroppo assistiamo ad un certo abuso, soprattutto quando si parla di sovrannaturale. Eppure The Bay è bello, molto bello. Com’è possibile? Nato dall’idea di realizzare un documentario sul reale inquinamento che in questi anni ha subito l’altrimenti bellissima baia Chesapeake nel Maryland, il regista ha voluto portare il messaggio ecologico sotto forma di un reportage in cui si narra di batteri mutati a causa del massivo sversamento in mare di escrementi di pollo, che si introducono nel corpo umano (sia grazie a bagni in mare, che all’acqua potabile) e che pian piano lo divorano dall’interno. Il tutto è raccontato tramite tutti i mezzi di massa possibili, dai cellulari alle videocamere, dalla videosorveglianza a skype. è proprio tramite quest’ultimo che la protagonista racconta, a posteriori, cos’è successo nella cittadina in quel maledetto 4 luglio 2009. Non spaventoso, ma agghiacciante e difficile da digerire, il film rappresenta una bellissima metafora (neanche troppo tale) su come l’uomo stia distruggendo la natura e ne subirà le conseguenze. I mezzi usati dal grande regista sono tutti funzionali al racconto, che pur nella sua assurdità, porta un forte senso di angoscia in sala; inoltre, usando un appropriato e sottile humor nero, non manca di attaccare e deridere la sua società: oltre a scegliere una data simbolo, il regista presenta un sindaco ignorante, che in accordo con le cariche politiche più alte sceglie di occultare la vicenda in cambio di venti denari. Non manca la coppia “american style” perfetta, vista come poco lungimirante occhio esterno e per nulla critico. Un film duro, pieno di scene poco digeribili, ma che rappresenta uno dei gridi di allarme più efficaci e coinvolgenti possibili. Un horror atipico, un film politico, una piccola, grande e… disgustosa opera!.
P.O.E. – Poetry of Eerie, di registi vari (2011)
Un super invisibile, visto che esce in pochissime sale. Poetry of Eerie è un film a episodi tutti ispirati da racconti di Edgar Allan Poe. Esce in sala (dove esce) con solo otto dei tredici episodi inizialmente proposti e disponibili nel dvd americano già uscito. Si segnala un’importante presenza ravennate, quella di Edo Tagliavini che firma l’episodio più ironico e interessante della serie, Valdemar, che parla di un uomo mesmerizzato in punto di morte, rimanendo così sospeso tra vita e morte. Visto che dura solo 11 minuti, non si dice altro. Si dice però che la Commissione di Revisione Cinematografica ha dato uno squallido Vietato ai minori di 18 anni al film. Giusto per una migliore diffusione, grazie. Con in cantiere un seguito, P.O.E. 2.