A spasso con Bob (di Roger Spottiswoode, 2016)
È iniziata la stagione del freddo, dal lunedì al venerdì o sabato si lavora, il sole scalda poco, la luna non è poi così grande come vogliono farci credere, ci si preoccupa per le sorti del mondo e per le sorti della propria squadra. Insomma, in poche parole, nella vita bisogna rilassarsi, concedendosi visioni rassicuranti, almeno ogni tanto. A spasso con Bob è la storia vera di un cantautore clochard, schiavo dell’eroina, il cui incontro che gli cambierà la vita non sarà né con una donna, né con un discografico… ma con un gatto! Tra i due è subito simbiosi, visto che Bob si posa comodamente sulle spalle per accompagnarlo a suonare. Una fiaba moderna tratta da un bestseller inglese che è diventato subito e inevitabilmente film, con il “vero” gatto nella parte di se stesso (dicono), ruolo che ci si augura possa fruttare un Oscar. Il film è inglese, quindi la premessa “sociale” e il background da working class non mancano, anche se ovviamente non siamo davanti né a Ken Loach, né a Trainspotting. Tra gli aspetti piacevoli del film al di là della trama, si segnala una forte “presenza” della città di Londra nella storia, con le sue piazze piene di artisti, e con i suoi quartieri di periferia decisamente meno allegri. Un film non solo per gattofili, quindi, ma una storia di amicizia insolita ma non troppo (il cinema non è nuovo, vedi anche sotto), e uno sguardo affettuoso verso chi la città non può viverla se non ai margini. Una commedia agrodolce, diretta da un veterano della regia che si è formato coi film d’azione ma non è nuovo ai rapporti umani-animali, visto che due anni fa ha diretto Il mio amico Nanuk (bimbo amico di Orso Polare). Pochi però ricorderanno il debutto di Spottiswoode, nel 1980 con quel Terror Train, simpatico ma non imperdibile film dell’orrore con Jamie Lee Curtis che qualche spavento a noi bambini degli anni settanta ce lo ha procurato.
Matando Cabos (di Alejandro Lozano, 2004)
Storia del cinema: dopo il seminale Pulp Fiction si svilupparono cloni di commedia gangster che viravano sempre più verso la comicità, come i film dell’inglese Guy Ritchie, autore della trilogia Lock’n’Stock (1998), The Snatch (2000), e (dopo qualche flop come il remake di Travolti dal destino con la moglie Madonna) Rocknrolla (2008), esilaranti gangster movie che brillano tuttora di luce propria per l’eccellente mix di adrenalina e divertimento offerti allo spettatore. Nel 2004 anche il meno noto cinema messicano ha deciso di omaggiare il genere, ricalcando le orme comiche dei film di Ritchie, con Matando Cabos (“uccidendo Cabos”), una vicenda surreale che ruota attorno al rocambolesco rapimento del miliardario gangster Cabos da parte di una banda di disgraziati. Impossibile, in poche righe, raccontare meglio la trama, farcita da una serie innumerevole di equivoci, situazioni paradossali e colpi di scena, il tutto in salsa di pura commedia di intrattenimento che spesso sconfina nel comico, che a volte entra nel demenziale. Giocato tutto sulla linea dell’assurdo senza mai sbagliare un minuto, Matando Cabos è uno dei film più divertenti visti negli ultimi tempi, e se solo fosse un po’ diffuso dalle nostre parti, diverrebbe immediatamente un cult, dal sottile retrogusto trash… un po’ come Machete, ma più demenziale e meno violento. Una bomba destinata a restare inedita, i sottotitoli in rete ci sono, correte a cercarlo e a divertirvi!