domenica
15 Giugno 2025

Due grandi del cinema: Dolan e il più esotico Taika Waititi

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Dolan Fine Del MondoÈ solo la fine del mondo (di Xavier Dolan, 2016)
Xavier Dolan, regista canadese classe 1989, a oggi ha già realizzato sette film ed è considerato l’enfant prodige del cinema mondiale, tranne che per l’Italia dove è sconosciuto. Nel 2009 il suo film di debutto (quindi realizzato a 19 anni), J’ai tué ma mère (Ho ucciso mia madre, disponibile in streaming in italiano su iTunes e Google Play) è stato presentato con successo a Cannes, festival che lo ha letteralmente adottato e che lo sta tuttora premiando visto che il bellissimo Mommy del 2015 ha vinto il Premio della Giuria, mentre quest’ultimo film ha vinto il prestigioso Grand Prix. Il film si avvale di un cast tutto francese e davvero strepitoso, composto da Nathalie Baye, Vincent Cassel, Marion Cotillard, Léa Seydoux e dal protagonista (il meno noto) Gaspard Ulliel, il cui personaggio è un artista famoso che sta per morire e torna dopo quindici anni nella sua famiglia per dare loro l’addio. Lo accoglierà un gruppo di persone che faranno dell’incomunicabilità reciproca la loro caratteristica principale, i cui dialoghi incalzanti vanno a infrangersi sul nulla più assoluto e che finiranno per rinchiudere l’agonizzante Louis ancor più nel suo guscio. Fatto di primi piani e di un’intensità emotiva altissima, il film di Dolan parla a voce molto alta al cuore e soprattutto allo stomaco dei suoi spettatori, rinchiusi nel pathos familiare e nella mente del suo protagonista. Un film formato dall’antitesi che si crea tra i fiumi di parole e i silenzi che insieme sembrano trovare sicuramente un’armonia cinematografica e una sinergia con chi assiste, al contrario di ciò che accade tra i suoi personaggi. Dolan sa fare cinema, gira in maniera meravigliosa e ha l’unico difetto di saperlo e di piacersi un po’ troppo, cadendo spesso nell’esercizio cinematografico di stile. Ma c’è una sorta di innegabile oggettività che deve legare chi si è emozionato, chi si è annoiato, chi si è spazientito e chi non si è liberato da quest’ora e mezza: la consapevolezza che questa fine del mondo sia un momento di grande cinema.
Waititi HuntWhat We Do In Shadows (di Taika Waititi, 2016)
Un altro fenomeno del cinema, più esotico (neozelandese di origini maori) e meno “enfant” (classe 1975) è Taika Waititi: attore, regista e comico (alla Kitano, per intenderci), Waititi si è messo in luce con What We Do In Shadows, un geniale horror mockumentary (finto documentario) inedito (anche se lodevolmente passato al festival “Ravenna Nightmare”) e qui puntualmente recensito come invisibile e inevitabilmente lodato. Il nuovo Hunt For The Wilderpeople vede un ragazzino in affido e lo “zio” Hec in fuga nelle foreste neozelandesi per sfuggire ai servizi sociali (non dico altro, è bello scoprirlo). La coppia, non proprio affiatata, darà vita a un’avventura e a un paradossale inseguimento, con tocchi di Up, Moonrise Kingdom e forse un po’ di Capitain Fantastic. Ma nel film c’è lo humor di classe del regista che trasforma una storia normale e forse già vista in un perfetto equilibrio tra dramma e divertimento, con irresistibili stacchi di gran classe (la scena del prete interpretato dallo stesso regista) e un piacevolissimo  senso dell’assurdo. Splendidi i protagonisti, il bimbo Julian Dennison e soprattutto il veterano Sam Neill, coppia di avventurieri spietati e selvaggi. Tra i 3/4 film più belli del 2016, ma di italiano al momento ci sono solo i sottotitoli. Waititi lo conoscerete bene perché (purtoppo?) dirigerà il nuovo Thor…

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