lunedì
16 Giugno 2025

Il Cile di Pinochet in un film per tutti. Pure troppo…

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Colonia (di Florian Gallenberger, 2015)
Cile, 1973. Daniel e Lena sono una giovane coppia di tedeschi. Daniel è un fotografo alla costante ricerca della realtà, che collabora con i rivoluzionari vicini a Salvador Allende, mentre Lena è hostess e saltuariamente lo passa a trovare. Quando l’11 settembre i militari di Pinochet con un golpe rovesciano il governo e perseguitano ogni suo simpatizzante, Daniel verrà rapito, trasferito e torturato nella misteriosa Colonia Dignitad, una sorta di setta camuffata da missione, formata da tedeschi e guidata da un predicatore vicino a entrambi i regimi nazisti, quello tedesco passato (si scoprirà) e quello cileno presente. Lena entrerà nella setta per portarlo via. Il contesto storico è naturalmente e tristemente reale, la Colonia è realmente esistita ed esiste tuttora sebbene con nome (Villa Baviera) e scopi fortunatamente diversi. Ispirato a fatti veri, con i due protagonisti, non  realmente esistiti, che fungono da collante funzionale alla storia e alla denuncia di fatti lontani da noi, ma successi ben più tardi di quando si credeva che il nazismo fosse un ricordo. Tutto il contesto, dicevamo, è reale: non solo Pinochet, ma il predicatore Paul Shafer, i residenti del villaggio e l’ambasciata tedesca sono rappresentati in maniera fedele. Dopo un doveroso cappello iniziale, si entra nel merito di un film la cui narrazione gioca su ben tre registri differenti: il film storico e di denuncia, il thriller claustrofobico e la storia d’amore tra i due protagonisti. Un gioco pericoloso perché l’equilibro tra questi elementi è piuttosto difficile, in quanto ingombranti e difficili da amalgamare. Il limite principale del film, che soprattutto nella parte centrale non trova gli equilibri giusti per raccontare la vicenda in maniera lineare e chiara consiste proprio nella difficoltà di creare il giusto amalgama. Colonia non dura tantissimo (circa un’ora e cinquanta) eppure le cose che succedono sono molte e spesso la sceneggiatura accusa qualche falla di troppo, dando allo spettatore l’idea che il regista avesse un grande desiderio di raccontare e denunciare senza però fare a meno di un plot sentimentale che gli permettesse spettacolarità, attori e probabilmente anche finanziamenti. Il cast è infatti importante perché Daniel Bruhl è una nostra vecchia conoscenza tedesca (Goodbye Lenin!) ed Emma Watson se la chiamiamo Hermione non ha bisogno di presentazioni; il cattivo Michael Nyqvist invece viene dalla Svezia e dalla saga di Millenium. Un trio che non fa meraviglie, serve la storia con dedizione e timidezza, e come la regia si mette in secondo piano rispetto all’ansia di fare venire fuori verità e giustizia. Scopi nobili che condividiamo e che pongono Colonia come un film didattico e convenzionale, sicuramente adattissimo a proiezioni nelle scuole e per chi ha curiosità di conoscere la storia del secolo precedente senza annoiarsi troppo. Pregio e difetto del film, sta anche nella scelta del regista di non mostrare (tranne qualche momento) i momenti di violenza e di giocare sempre con l’implicito e l’intuitività dello spettatore. Il cinefilo giustamente si lamenterà della riuscita finale, troppo frenata e patinata per essere posto alla pari dei capolavori che hanno scritto la storia. Per tutti, un po’ troppo per tutti, a essere snob.

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