Westworld (di Jonathan Nolan, 2016, S 01, E 01)
Westworld è la serie tv più attesa della nuova stagione, per tanti motivi. Intanto perché è ispirata a un classico della fantascienza, Il mondo dei robot di Michael Crichton che in originale si chiama guardacaso Westworld ma noi italiani, ignare vittime della distribuzione, potremmo non saperlo. In seconda battuta, dietro alla serie c’è la regia del fratello d’arte Jonathan Nolan (nella vita sceneggiatore, proprio del fratello) e il produttore J.J. Abrams. Terzo, perché nel suo cast annovera nomi che vanno dall’interessante allo stellare, in un crescendo composto dalla sottovalutata Evan Rachel Wood, da Thandie Newton, fino ad arrivare al classicissimo Ed Harris per concludersi nel mostro Anthony Hopkins. In ultima battuta, la fantascienza nelle serie Tv ha sempre attratto un numero di fan sempre maggiore e giustamente sempre più esigente. La trama, in comune col film, vede un parco a tema western ideato da umani e popolato solamente da robot pronti a obbedire e a subire qualsiasi fantasia, bella o brutta che sia, possa venire in mente al visitatore umano. Naturalmente anche gli androidi prima o poi si stancano, e pur programmati col comando di non far male a una mosca, finiranno nel primo episodio, dopo varie avvisaglie di “malfunzionamenti”, a schiacciare simbolicamente il non simpaticissimo insetto in questione. Il primo episodio, andato in onda ai primi di ottobre sia negli Stati Uniti che in Italia (doppiato con soli sette giorni di ritardo), ha un andamento simile a Ricomincio da capo, e al più recente ARQ, visto che si ripete ciclicamente la stessa giornata all’inizio di ogni nuovo arrivo di visitatori, con la grande differenza che gli androidi protagonisti (forse) non ricordano nulla della “vita” precedente. La messa in scena è poderosa, potente e di grande impatto, la recitazione del livello atteso ed è soprattutto il parco “mondo dei robot” a sconvolgere, poiché appare come un recente western tarantiniano, intriso di tensione, ironia, mistero e violenza. E le colonne sonore in stile western potrebbero riservarvi qualche gradita sorpresa rock. Più normali, e decisamente farraginose, le situazioni futuristiche ambientate nel laboratorio dove si studiano i continui aggiornamenti ai robot per renderli sempre più umani. Questo perché l’idea di Crichton, dopo oltre 40 anni, resta viva e originale, mentre forse di stanze di intelligenza artificiale negli ultimi vent’anni ne abbiamo viste un po’ troppe. Non è pensabile dove e come possa andare a finire la vicenda, il mio personale problema da vecchio e rigido cinefilo, è incentrato sulla durata delle serie: se uno spettacolo ha successo, lo si spreme fino al completo sfinimento (Lost), se viceversa l’investimento non rende, lo si chiude in fretta (ricordo un interessantissimo Happy Town). Meglio in questo caso le miniserie, come Fargo, True Detective o il recente e in parte il trionfale Stranger Things (che invece continuerà, a suo rischio e pericolo), con un finale già annunciato fin dall’inizio che non prende in giro nessuno e anzi dà anche agli autori la dose giusta per divertire e non stancare. Ma queste sono semplici supposizioni, e visto che la serie è appena iniziata staremo tutti a vedere come andrà a finire, e se sono in grado di smentire le mie perplessità politico-commerciali.
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