Brennero (Miniserie, 8 episodi)
Brennero è una di quelle serie che inizi con un mezzo pregiudizio, pensando “vabbè, è una fiction Rai, so già come va a finire”. Poi, puntata dopo puntata, ti ritrovi su internet a cercare informazioni su autonomia, Alto Adige e tensioni etnico-politiche, come se dovessi preparare un esame universitario. Perché la serie funziona davvero: non racconta soltanto un’indagine, ma un territorio, e quel territorio diventa parte della storia più dei protagonisti. Il confine non è una linea, è un personaggio: sta lì, influenza tutto, divide, ferisce. Il vero fascino è proprio la storia recente del Sud Tirolo. Una zona che molti immaginano come la cartolina perfetta, ma che dietro ai paesaggi da fiaba nasconde conflitti, sospetti, identità spaccate. Brennero riesce a far emergere tutto questo senza diventare una lezione di educazione civica, e questa è già una vittoria. La struttura è solida: c’è un caso centrale che tira avanti la trama, ma sono le sotto-trame a far respirare la serie. Ogni personaggio sembra avere una vita oltre alla funzione narrativa, e questo è raro. Bravi i protagonisti, credibili senza strafare. Alcuni personaggi minori poi risultano oltremodo interessanti, cosa che in molte serie poliziesche non succede mai, perchè di solito si limitano a dire due frasi e spariscono.
Qui invece restano impressi, con più sfumature dei protagonisti stessi. Certo, si indugia un po’ troppo su certi drammi personali (il famoso “incidente del protagonista”, reiterato oltre misura e non così funzionale al personaggio stesso), ma non si cade mai nel melodramma. La messa in scena è curata, quasi elegante. Sì, si vede che è una fiction Rai: pulita, ordinata, con quell’aria da “spiegone” in ogni angolo. Però questa volta non è un limite: c’è tensione, atmosfera, un respiro quasi cinematografico, senza fingere di essere una serie nordica da festival. È italiana e non se ne vergogna. Il finale, va detto, prende la strada del buonismo, sistemando tutto un po’ troppo facilmente, e i suoi personaggi sembrano improvvisamente maturi, consapevoli e pronti a fare pace col proprio passato.
Dopo aver affrontato un tema così complesso, si sentiva il bisogno di un finale meno accomodante e più coraggioso. Insomma, la serie ti porta a scalare una montagna impervia per sei episodi… e poi, negli ultimi dieci minuti, ti fa scendere con la funivia, pur sistemando ogni cosa al proprio posto e non risultando in nessun modo o momento falsa o incoerente. Detto ciò, rimane un prodotto che intrattiene, trasmette e fa venire voglia di tornare a Bolzano (ma senza coinvolgimenti in indagini di omicidio, grazie). Se l’obiettivo era raccontare un confine non come limite, ma come storia, allora Brennero centra il bersaglio, perché la visione è realmente piacevole. E non è cosa da poco.



