mercoledì
25 Giugno 2025

Quando Richard Gere scorrazzava in cabrio sulle note dei Blondie…

Condividi

Coverlg HomeOgni mese sarà compito di questa rubrica proporvi dei classici da rivedere in streaming, vuoi perché siano stati un po’ dimenticati, sottovalutati o rimasti nascosti; o più semplicemente, compiono gli anni, o ancor più banalmente viene in mente leggendo un articolo di cronaca.

In questi giorni è stata ritrovata la foto originale che compare, ovviamente ritoccata, nella scena finale di Shining, ma del capolavoro di Kubrick (e della sua edizione più lunga) ne abbiamo parlato. La morte di Clem Burke, batterista dei Blondie, mi ha portato alla scena iniziale di un cult da riscoprire. Richard Gere alla guida di una Mercedes-Benz R107, proprio sulle note di Call Me di Blondie, arrangiata da Giorgio Moroder, dà l’inizio al film di Paul Schrader, già sceneggiatore dei capolavori di Scorsese Taxi Driver e Toro Scatenato. La storia è apparentemente molto semplice, e parla del gigolò Julian Kay, amato, bello e facoltoso, che incontra la bellissima moglie di un senatore, e, quasi contemporaneamente, apprende della morte violenta di una sua cliente, da una coppia depravata procurata da un magnaccia estremamente losco.

L’evolversi delle indagini prende la direzione che Julian non vorrebbe, e presto appare palese che ci sia sotto un meccanismo atto a incastrarlo. Il film si identifica totalmente in Gere, attore “nuovo” solo al grande pubblico perché reduce da I giorni del cielo di Terrence Malick, anche se curiosamente per la parte del protagonista erano stati sentiti sia Christopher Reeve, sia soprattutto un John Travolta probabilmente ancora incollato al ruolo di Tony Manero, cardine in quegli anni. Tornando ad American Gigolo, i ritmi compassati con cui si sviluppa la storia donano un perfetto senso di inquietudine e incertezza che avvolgono un protagonista che nella prima parte è presentato come un immortale. Dopo quarantacinque anni esatti non possiamo non notare che i primissimi anni ottanta siano stati un periodo stilisticamente interlocutorio, perché il mondo finito degli anni settanta cede il posto all’estetica del nuovo decennio, a cui questo film (involontariamente) contribuisce in maniera determinante.

Anche gli arrangiamenti di Moroder, partendo dal pezzo di un’icona post-punk come Blondie, indugiano moltissimo su suoni metallici ed elettronici che diventeranno da lì a poco, il marchio di fabbrica di un nuovo genere musicale, fin lì in Italia quasi inesplorato. American Gigolò, mi si passi il volo pindarico, rappresenta un ponte tra Taxi Driver e i più cotonati e spensierati anni ottanta. Qui però si tratta di un ponte davvero indispensabile, sul quale restare a lungo. Curiosità: qualche anno fa venne realizzata una serie-sequel, con nessuno di autori e attori originali, interrotta dopo un’anonima prima stagione e prontamente finita nel dimenticatoio.

Condividi
Contenuti promozionali

DENTRO IL MERCATO IMMOBILIARE

CASA PREMIUM

Spazio agli architetti

Un appartamento storico dallo stile barocco e la rinascita di Villa Medagliedoro

Alla scoperta di due progetti di Cavejastudio tra Forlì e Cesena

Riviste Reclam

Vedi tutte le riviste ->

Chiudi