lunedì
16 Giugno 2025

Sing Street una commedia non solo per patiti di musica o di anni ‘80

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Sing Street (di John Carney, 2016)
Dublino, 1985. Conor ha sedici anni e si innamora di una ragazzina di un anno più grande di lui. Guardando i primi videoclip in televisione (Duran Duran in primis), il giovane intraprendente decide di fondare una pop band per coinvolgerla nel girare video e così conquistarla, seguendo i preziosi consigli del fratello, un grande appassionato di rock con l’aria da Kurt Cobain. In questo caso più che di rock parliamo di quel pop, con molto cotone nei capelli e sintetizzatore sul palco, che in quegli anni la faceva da padrone, che partito da Londra aveva gia invaso il resto dell’Europa e del quale purtroppo non ci siamo più liberati. Non va tutto liscio nella vita di Conor, visto che i genitori sono sull’orlo della separazione, la scuola che frequenta, dalla morale retrograda e cattolica, lo mortifica e lo castiga e che spesso si presta come teatro di azioni di bullismo nei suoi confronti da parte di compagni più grandi. A tutto questo aggiungiamo che l’amica in questione frequenta un adulto, che le ha promesso di andare a Londra, meta e desiderio di generazioni di amanti del pop rock. Chi ha qualche anno di cinema alle spalle, l’accostamento Dublino-musica-band lo porterà a ragione direttamente al 1991 e allo splendido The Commitments di Alan Parker, perché le atmosfere, i sogni e lo status non propriamente da ricchi dei protagonisti sono elementi molto comuni.
Ma è proprio dal film di Parker che idealmente parte la cinematografia di John Carney, commediografo che racconta la musica: a partire dal pluripremiato Once, suo primo vero successo che ha come protagonista proprio un membro dei Commitments, la sua carriera ha avuto trampolino e fiducia per scrivere le sue melodiose commedie. Due anni fa il delizioso (e recensito) Tutto può cambiare ne fu la conferma, ma è con Sing Street che raggiunge l’apice di creatività, efficacia e poesia, nel raccontare un contesto e un mondo che il regista conosce benissimo. Il film alterna canzoni originali del gruppo di Conor a una colonna sonora di successi dell’epoca, su cui spiccano efficaci momenti a sfondo Jam e Cure, punte di una partitura musicale studiata e azzeccatissima. Nella terra (circa) di Ken Loach, non poteva parlare solo di musica, perché la crisi sociale, familiare ed economica di quegli anni si legge tutta negli occhi e nelle azioni dei protagonisti. Conor è un personaggio magnifico, molto ben definito, pieno di sfumature e davvero ben interpretato dall’esordiente Ferdia Walsh-Peelo, e la sua band davvero riassume in meno di due ore quasi tutti i protagonisti della scena britannica di allora. Sing Street non è un film solo per appassionati di musica o patiti di anni 80, anche perché in quest’ultimo caso al sottoscritto non sarebbe piaciuto; il film di Carney è una commedia esilarante, intelligente, romantica che ricrea perfettamente un’ambientazione, un’epoca e un’età in cui siamo passati tutti. Corriamo quindi a vedere questo piccolo gioiello, con padri e figli, per sorridere, commuoverci e, per i più giovani, scoprire un mondo che possono solo immaginare.

P.s: A proposito dell’elezione di Trump, il cinema era già sul posto. Perchè qualche mese fa Michael Moore col suo M.M. in Trumpland ci aveva già immerso in questo mondo per molti sommerso. Non un documentario ma la ripresa di un monologo teatrale, alla Benigni per intenderci. È divertente, e in rete si trova sottotitolato, fatevi un’idea.

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