Non si sevizia un paperino (di Lucio Fulci, 1972)

In un paesino del meridione si susseguono omicidi di bambini. La polizia brancola nel buio e ogni volta che trova un sospettato non esita a gettarlo nelle fauci della gente, desiderosa di poter sbranare un “mostro”. Ispirato a un fatto vero, il film di Fulci rappresenta un caposaldo del thriller all’italiana, carico di morbosità, erotismo e tensione, sicuramente troppo per il 1972. Il film infatti ha procurato non pochi grattacapi al regista, sia a causa della scena tra un bambino e una Barbara Bouchet completamente nuda, sia per il rapporto con esoterismo e religione che ne hanno frenato la distribuzione e costretto ai tempi a qualche taglio. Il cast fa paura, ma questa volta in senso buono: al meraviglioso trio femminile composto dalla Bouchet, da Florinda Bolkan e Irene Papas, si contrappone una schiera di uomini da urlo, come Tomas Milian nella parte di un invadente cronista di nera, e i due attori cult francesi Georges Wilson e Marc Porel in ruoli sorprendenti e “maledetti”. Un film da non perdere e dalle tematiche molto attuali, che fa ancora paura e che trasmette ancora la stessa sensualità nonostante i 45 anni suonati. Poco amato all’epoca, c’è voluto l’endorsement di Quentin Tarantino a risvegliare l’attenzione del distratto popolo italiano.
La vittima designata (di Maurizio Lucidi, 1971)
Stefano, un noto pubblicitario milanese sposato con moglie ricca e più vecchia di lui, ha il sogno proibito di fuggire con l’amante riuscendo con uno stratagemma a vendere l’azienda della moglie. In gita con l’amante a Venezia, incontra il misterioso conte Matteo Tiepolo, che è a conoscenza del suo disagio e gli propone un macabro scambio di “favori”, con lo scopo di annullare il movente degli omicidi che verrebbero compiuti. Il soggetto, benché spacciato per originale, è identico a Delitto per delitto di Hitchcock del 1951, ma le analogie col capolavoro del maestro finiscono qui, perché La vittima designata rappresenta un gioiello raro e prezioso nel panorama del thriller italiano. Il film è scandito in maniera impetuosa e addirittura prepotente dalle musiche di Luis Bacalov suonate meravigliosamente dai New Trolls, che da lì a poco incisero il maestoso lavoro della colonna sonora del film col titolo di Concerto grosso per i New Trolls, e di cui la colonna sonora del film può essere considerata un prototipo quasi definitivo. L’altra caratteristiche che rende questo film un (quasi) capolavoro è il magnetismo dei suoi due protagonisti, che dominano la scena col disorientato Stefano di Tomas Milian e col magico e misterioso “conte” del francese Pierre Clementi, artista “bello e dannato” del cinema francese, probabilmente sconosciuto ai più giovani.
A proposito di Milian, qua non solo recita per la prima volta con la propria voce, prima di “prestarla” a Ferruccio Amendola per il Monnezza, ma canta anche il brano “My Shadows In The Dark”, unico momento non strumentale della colonna sonora. Un film talmente immerso nella cultura e nel contesto degli anni settanta, da farlo sembrare allo spettatore come un film in costume, barocco e sovrannaturale, che evita di passare per datato per volare direttamente nel limbo del culto; una storia di tensione sempre crescente che sfocia in un finale sorprendente ed entusiasmante. Semplicemente, uno dei miei film preferiti.
Entrambi i film sono disponibili in Dvd.