Un delicato e nostalgico racconto della “notte che ha cambiato il pop”

We Are The World: la notte che ha cambiato il pop (di Bao Nguyen, 2024)

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Il documentario racconta la nascita della canzone We Are The World, scritta dal narratore del film Lionel Richie e da Michael Jackson, registrata in un’unica notte del 28 gennaio 1985, e comprendente oltre quaranta star assolute della musica mondiale.

Attraverso il racconto di Richie e di altri protagonisti (Huey Lewis, Bruce Springsteen, Cindy Lauper, per fare alcuni nomi), e soprattutto grazie al recupero dello straordinario girato di quella notte, scopriamo tutti i segreti di questa registrazione, con scopo benefico nei confronti dell’Etiopia, colpita da una drammatica carestia. Chi era già adolescente all’epoca, ricorderà che in tutto il mondo raggiunse una fama immediata, che diventò un inno contemporaneo e che nell’estate dello stesso anno era un vero e proprio tormentone, tollerato per la leggerezza del pezzo e per lo scopo benefico dell’operazione.

Il fulcro del film è il racconto della registrazione avvenuta in quell’unica notte in uno studio di Hollywood e iniziata subito dopo la fine degli American Music Awards, che si erano tenuti nei dintorni. Regia dell’operazione, il grande Quincy Jones, oggi novantenne, che non ha preso parte al documentario; proprio lo stesso Jones fece appendere nello studio un cartello con scritto “lascia il tuo ego fuori dalla porta”, frase che costituisce la spina dorsale del documentario. Il titolo italiano è un po’ troppo celebrativo, perché in originale recita un più adatto “la più grande notte del pop”, perché più che la simpatica canzone, ciò che è interessante è la sua realizzazione, il dover mettere insieme l’ego di 40 star assolute, tenerle calme, buone e cercando di ottenere il meglio dalla loro performance. I momenti più divertenti sono legati all’istrionismo di Stevie Wonder e al totale disorientamento di Bob Dylan, spaesato come un bambino in mezzo a tanta confusione. Divertente constatare che anche tra star ci si scambiava autografi e addirittura ci si faceva delle foto, come stupisce (ma non lo sapremo mai) l’armonia tra personaggi così noti e così diversi. In questi ultimi tempi, stanno nascendo moltissimi documentari la cui realizzazione è spinta dall’aver (ri)trovato una buona quantità di materiale girato, e disponendo ancora di alcuni protagonisti che possano raccontare quelle immagini e quelle parole.

In Italia si è visto con i lavori sui CCCP e il più locale (ma non per questo minore) sul Cocoricò. Una tendenza molto positiva, perché aiuta senza dubbio a ricostruire la nostra memoria in tempi lontani ma non troppo quando non c’erano i mezzi di oggi a raccontare piccoli pezzi di storia dell’arte del Novecento.

Questa notte non è un documentario memorabile, ma è un delicato, nostalgico, interessante e avvincente racconto su quello che è stato un fenomeno della storia della nostra musica, e che di fatto ha dato il la a numerose operazioni beneche da parte di artisti da tutto il mondo.

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