Che cosa si gioca, quando si gioca d’azzardo?

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Manifesto Per non morire d’azzardo, 2015 (progetto grafico di Nicola Varesco)

Intervista al videomaker Fabrizio Varesco

«Si attende qualcosa che ci salvi, magari vincendo alla lotteria o alle slot machine […]. Crediamo
di intervenire sul nostro destino, non avendo modo

di cambiare le condizioni sociali che ci opprimono. Un tempo si consultavano maghi o fattucchiere,
oggi si va dal tabaccaio e si compra un Gratta&Vinci […] questo gioco, non ha né opere, né giorni.
Non investe sul futuro, lo consuma. Consuma i nostri luoghi, le nostre città»

Marco Dotti, Il vero paradiso è sotto i nostri piedi. Dialogo con David Le Breton, “il manifesto”, 26 ottobre 2013

Marco Dotti, giornalista e docente di editoria a Pavia, nel libro Il calcolo dei dadi. Azzardo e vita quotidiana (Edizioni O barra O, 2013), a p. 51, mostra come l’essenza dell’homo ludens risieda nell’abbandono di ogni calcolo interessato e nella totale messa in gioco di se stesso: «Se in passato è stato possibile incorporare il tempo nel gioco, facendone il tempo del gioco, ci sono buone ragioni – dinanzi al dilagare dell’azzardo di massa – per supporre che oggi sia il gioco a essere incorporato nel tempo […] siamo passati dal tempo della festa (e del lavoro) a un tempo senza né festa, né lavoro». La ricerca teorica sul rischio ludico conduce Dotti a definire l’uomo contemporaneo, «un uomo che non lavora, ma gioca […]; non consuma nelle forme tipiche del consumo, ma spende.

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Manifesto Per non morire di gioco d’azzardo, 2014 (progetto grafico di Nicola Varesco)

Primariamente tempo, investendo risorse sulla produzione dell’altrui e, a conti fatti, della propria miseria».Pertanto la domanda che vale la pena porsi è: cosa accade quando una buona parte della società, gioca compulsivamente, scommette, specula su tutto, anche su se stessa? «Non chiede forse il giocatore di spezzare, nell’hazard, la concatenazione della legge e della causa? Non chiede forse una catastrofe, un momento di sovranità decisiva, una “fortuna come reazione a catena”?» (Ibid., p. 79).
Da quando nel 2010 sui siti delle reti sociali hanno iniziato a essere diffusi resoconti e cifre che evidenziavano una crescita esponenziale del gioco d’azzardo in Italia, Fabrizio Varesco, videomaker ravennate, esperto cultore e autore di documentari, ha iniziato a occuparsi di questo fenomeno. Attraverso Ravenna Cinema – Varesco Prod., ha avviato attività di contrasto al gioco d’azzardo rivolte soprattutto agli adolescenti, la categoria più a rischio.
Incontro Fabrizio Varesco per un’intervista sul tema.

Quali sono i dati del gioco d’azzardo in Italia?
Nel 2016 gli italiani hanno “giocato” 95 miliardi di euro: 260 milioni al giorno. Malgrado la crisi economica, c’è stato un aumento di 7 miliardi, l’8% in più rispetto alla spesa nel 2015. L’incremento, malgrado gli interventi regolatori dei comuni, ha riguardato soprattutto slot e videolottery. Queste ultime, tra l’altro, sono molto più a rischio sia per i giocatori patologici che per i fenomeni di riciclaggio da parte delle mafie, come denunciato anche da Banca d’Italia, Guardia di Finanza, Commissione antimafia, e Procura nazionale antimafia.1 Si tratta di un fenomeno promosso dallo Stato attraverso una forte spinta commerciale facilmente percepibile dalle innumerevoli pubblicità che sempre più sono presenti sui media. È risaputo, inoltre, che il gioco d’azzardo porta con sé un rischio che, per gruppi di persone ad alta vulnerabilità, sfocia in una vera e propria dipendenza comportamentale (Gioco d’Azzardo Patologico-Gap).

Questa condizione è ormai riconosciuta come un disturbo compulsivo complesso e cioè una forma comportamentale patologica che può comportare gravi disagi per la persona, derivanti dall’incontrollabilità del proprio comportamento di gioco, e con­tem poraneamente la possibilità di generare gravi problemi sociali e finanziari oltre che entrare in contatto con organizzazioni criminali del gioco illegale, anche e soprattutto con quelle dell’usura. Infatti, da un punto di vista sociale, i soggetti affetti da Gap presentano un elevato rischio di compromissione finanziaria personale che ha evidenti ripercussioni in ambito familiare e lavorativo, fino ad arrivare a gravi indebitamenti e alla richiesta di prestiti usuranti. Questo è uno degli aspetti che collega il gioco d’azzardo patologico alla criminalità organizzata che investe energie e capitali appunto nel gioco d’azzardo. La proliferazione delle offerte di gioco è dovuta essenzialmente a un contesto sociale favorevole, mi riferisco all’esplicita scelta dei Governi, all’ingresso di multinazionali nel campo del gioco d’azzardo e la conseguente esplosione di pubblicità e inviti al gioco costruiti su target specifici e sulla promozione di una falsa realtà. Paradossalmente gli articoli 718 e seguenti del Codice Penale dicono con chiarezza che in Italia il gioco d’azzardo è vietato; salvo deroghe esplicite del Governo. Negli intenti del legislatore il gioco d’azzardo andava vietato in quanto costituiva una forte minaccia di tutto ciò che è socializzante, di aiuto al risparmio, adeguato alle politiche famigliari.

Per questi motivi in Italia, fino ai primi anni ’90, esistevano solo pochissime proposte di gioco (Lotto, Totip e Totocalcio oltre ai Casinò autorizzati). Successivamente i Governi promossero continue “deroghe” che aumentarono in modo esponenziale la nascita di nuovi giochi. In questi ultimi anni abbiamo spesso letto sugli organi d’informazione di diverse situazioni riguardo al conflitto d’interessi fra gioco e politica. Lo Stato, tramite i Monopoli di Stato (Aams), da alcuni anni sostiene che occorre liberalizzare i giochi d’azzardo per far sì che questo tolga mercato ai giochi illegali gestiti dalla malavita. Purtroppo i risultati delle indagini effettuate dalle Procure ci dicono quanto già sostenevano alcuni studi stranieri: che aumentare il gioco d’azzardo legale non fa diminuire il gioco d’azzardo illegale, bensì trasmette un messaggio di educazione e propensione al gioco d’azzardo nella popolazione che fa crescere di conseguenza anche il gioco illegale. Le mafie cercano di sfruttare l’azzardo per frodare lo Stato e la popolazione, ripulire il denaro sporco, moltiplicare le entrate, diffondere l’usura, cercare attività commerciali legali su cui investire le entrate illegali; mentre le lobby hanno l’obiettivo di potenziare le entrate da gioco, ridurre le tasse pagate, ma non hanno alcun vantaggio dalla criminalità organizzata che anzi solleva problemi che vanno a scapito della loro stessa attività. Sicuramente entrambi si reggono grazie alla spesa dei cittadini e sicuramente l’unico che vince sempre, in tutti i giochi, è il banco: cioè chi gestisce il gioco. Quindi un punto di ricaduta comune fra lobby e mafie è quello di proliferare a scapito delle tasche e della salute degli italiani. In luoghi che dovrebbero essere di svago, il gioco d’azzardo viene proposto in maniera sempre più massiccia, sotto forma legale, con proposte anche per adolescenti e bambini, i futuri malati di gioco.

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Game over (https://www.dhdwallpaper.com)

Nelle sale gioco sono praticamente scomparsi i videogiochi a gettone e gli adolescenti fanno la fila per le “ticket redemption” letteralmente “riscatto del biglietto”, macchinette dai nomi ammiccanti, con luci, suoni che attirano ragazzini. Si paga un euro, si schiaccia un bottone, si spara a un bersaglio, si mira a un’esca e si cerca di conquistare un “ticket”. Più si è fortunati e più si accumulano decine di biglietti. Più biglietti si accumulano e più è prezioso il premio che si può ritirare. Così si spiega il loro successo nei centri commerciali o nei bowling – quello di Ravenna non fa eccezione. In questo caso ad attirare i piccoli sono iPad, Mp3, orologi da polso e poi, scendendo di valore, pistole giocattolo, piastre per i capelli, collane e braccialetti di bigiotteria. Il confine con il gioco d’azzardo è labile: la differenza principale tra le slot machine e questi apparecchi sta semplicemente nel fatto che le prime sono vietate ai minori di 18 anni, le seconde sono invece accessibili ai più giovani perché il premio non è in denaro ma in ticket. L’argomento è quindi di stretta attualità, anche a Ravenna. Il Gruppo dello Zuccherificio, nel 2016, ha denunciato che «Ticket redemption […] è l’ultima frontiera del gioco: sono piccoli casinò per bambini, con tanto di slot machine. Spesso si trovano proprio di fianco ai luoghi dell’azzardo per adulti», una specie di allenamento per futuri giocatori compulsivi. Nella nostra città sono presenti in diverse sale giochi e presso il Cinema City. Entrare in un sito del gioco d’azzardo on line, anche se vietato ai minori di 18 anni, è semplicissimo. Di fatto chiunque può accedervi e, una volta entrati, è fatta: la trappola del bonus invoglia a giocare ed è quasi sempre una strada di non ritorno. Capisci quindi che si tratta di uno spaccio forse più pericoloso e dannoso di quello delle droghe e i dati ci dicono che il gioco continuerà a crescere».

Quindi cosa si dovrebbe fare per contrastare il fenomeno?
A mio avviso la comunicazione del fenomeno è scarsa, per lo meno ben lontana dalle campagne di assistenza a persone con disturbi e dipendenze dovute all’uso di sostanze. In questi ultimi anni Ravenna Cinema, grazie anche alla collaborazione di Giocatori Anonimi e dell’associazione dei familiari dei giocatori Gam-Anon, ha avviato nelle scuole iniziative di contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo costruendo con gli studenti brevi cortometraggi per la conoscenza e comprensione del problema. Molti sono i giovani che dopo gli incontri hanno avviato una disobbedienza civile non entrando più in un locale pubblico, tabaccheria o bar in cui ci sono delle slot machine. Attraverso la conoscenza si sviluppa consapevolezza e responsabilità. Anche chi gestisce luoghi pubblici deve a sua volta essere consapevole che non si tratta di un problema economico ma morale: “anche se lo stato mi permette di farlo io esercente scelgo di non farlo”.

A Ravenna già da diversi anni è attivo un “Tavolo permanente di contrasto al gioco d’azzardo” presieduto dall’assessora alle Politiche Sociali e Giovanili, al quale, oltre a Ravenna Cinema – Varesco Prod., partecipano: il Gruppo dello Zuccherificio, Libera, rappresentanti dell’Azienda sanitaria locale (Sert e servizio dipendenze patologiche), le istituzioni scolastiche attraverso l’Ufficio ambito territoriale di Ravenna, le associazioni di categoria Confesercenti e Confcommercio, la UIL e CGIL pensionati e numerose associazioni culturali e del volontariato tra cui l’Associazione per lo studio del gioco d’azzardo e dei comportamenti a rischio (Alea), la Caritas, il Comitato cittadino antidroga. Il Tavolo si propone di intensificare l’impegno contro il gioco d’azzardo, un fenomeno che non risparmia la comunità ravennate, che è in aumento e che affligge soprattutto le fasce sociali più deboli della popolazione, mentre va sempre più abbassandosi l’età di avvicinamento al gioco d’azzardo. Le iniziative intraprese dal Tavolo vanno dalla funzione culturale e educativa con il coinvolgimento delle scuole, all’approfondimento normativo e regolamentare per l’intensificazione del controllo fino alla ripresa delle azioni come enti locali, affinché il governo sia sollecitato a colmare il vuoto normativo nel settore che rischia di rendere insufficiente ogni iniziativa. Il Tavolo ha riconosciuto l’impegno della Regione Emilia-Romagna con l’emanazione della legge del 2013, il coinvolgimento degli enti locali, il manifesto dei sindaci, il marchio Slot free e l’assegnazione di risorse che permetteranno nei prossimi anni di agire attraverso azioni di

prevenzione/informazione, e con la presa in carico di coloro che verranno riconosciuti come pazienti grazie all’inserimento del gioco d’azzardo quale patologia compulsiva nei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea), erogati dal Servizio sanitario nazionale (Ssn). Anche gli altri Comuni del Distretto sono stati coinvolti nei lavori del Tavolo di Ravenna, in considerazione della nuova organizzazione associata dei Servizi sociali, e l’avvio di azioni anche nei territori decentrati, dove la pratica e la diffusione dei luoghi di gioco non sono da meno e dove anche l’informazione e l’apporto delle associazioni, delle reti, della scuola possono dare dei risultati.
Se i sindaci della bassa Romagna hanno diminuito le ore di apertura delle slot, incontrando tra l’altro forti resistenze, non dimentichiamoci che, del resto, un sindaco ha competenze e responsabilità riguardo alla salute di cittadini/e e “può ed è” suo compito prendere in considerazione iniziative che limitino i danni della salute pubblica. Riguardo a questo problema, sono state avviate importanti campagne contro il gioco d’azzardo da alcune testate di giornali, ma i dati fanno pensare che quello che si sta facendo non è ancora sufficiente per contrastare il fenomeno. La Francia, ad esempio, ha diminuito l’offerta di gioco d’azzardo, riconoscendo che, in una fase di crisi economica, le classi sociali più deboli sono quelle più a rischio. Infine sarebbe adeguato fare una legge che governi diversamente la pubblicità sui

giochi d’azzardo; che tuteli le fasce più deboli della popolazione rispetto all’inganno della “vincita facile”, in modo tale che non occupi tutti i mass media senza mettere in evidenza in modo chiaro che il gioco d’azzardo crea dipendenza e che chi vince sempre è il banco. Naturalmente un concreto contrasto al gioco d’azzardo dipenderà anche dalle misure che verranno adottate per dare trasparenza alla composizione azionaria delle società concessionarie e dei fondi di investimento che spesso le partecipano, dalla trasparenza che verrà data alle forme di finanziamento delle forze politiche, attraverso sponsorizzazioni dirette o indirette, spesso a fondazioni, alla trasparenza e all’esito effettivo delle politiche del Governo sui soldi stanziati per la cura».

 

Fabrizio Varesco, fra arte e impegno sociale

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Fabrizio Varesco, foto di Alberto Giorgio Cassani

La carriera professionale del regista Fabrizio Varesco inizia nel 1976 quando con Francesco Dal Bosco fonda la compagnia sperimentale “Dal Bosco-Varesco”, considerata ben presto una delle più importanti nell’ambito dell’avanguardia italiana e internazionale; il MoMa, il Museo d’Arte Moderna di New York conserva infatti nel suo archivio le testimonianze delle performances realizzate in questi anni dalla compagnia. Nel 1981 l’artista fonda a Roma la Cooperativa “Missione Impossibile” e realizza anche alcune manifestazioni cinematografiche, tra le quali “Ladri di cinema”, cui partecipano i registi Michael Cimino, Wim Wenders, Bernardo Bertolucci, Elia Kazan, Marco Bellocchio, Mario Monicelli e Andrzej Wajda.
Dal 1982 inizia a occuparsi prevalentemente di cinematografia e realizza film in 8 e 16 mm e produzioni in elettronica; i suoi film e video vengono presentati ai festival di Rotterdam, di New York, di Montreal, Salsomaggiore e Milano. Dopo aver fondato una società di produzione video e computer-graphics, realizza documentari di carattere culturale, didattico e industriale A partire da questa data Fabrizio Varesco avvia una collaborazione con il Comune di Ravenna e realizza documentari relativi a programmi pedagogici e culturali, e inizia anche una stretta collaborazione con il professore Andrea Canevaro dell’Università di Bologna, con il quale realizzerà documentari sul tema dell’inserimento nella scuola dei bambini portatori di handicap.
Negli ultimi anni, per conto dell’Assessorato alla Cultura/Ufficio Cinema del Comune di Ravenna, organizza rassegne, incontri e retrospettive; la notevole produzione di documentari, documentari-intervista e cortometraggi, realizzata e in corso di realizzazione, affronta prevalentemente problematiche sociali, con uno sguardo sempre attento alle “geografie della memoria” e alla descrizione e interpretazione dei luoghi.
Dietro l’apparente immediatezza dell’immagine, supportata in realtà da uno studio, sperimentato nel tempo, delle svariate possibilità del montaggio, Fabrizio Varesco utilizza la macchina da presa come strumento di circolazione d’informazioni, in grado anche di formare e fare acquisire conoscenze; le sue produzioni hanno inoltre la grande forza di superare la soglia dell’individualismo e avviare alla costruzione di un pensiero collettivo.
Il “linguaggio” di Fabrizio Varesco ha la capacità di modulare i significati secondo una vasta gamma di esigenze e di occasioni umane, da quelle altamente individuali e circostanziali a quelle sociali, translocali, internazionali e formali (si veda Professione videomaker. Nella casa-studio di Fabrizio Varesco, di Marina Mannucci, in “Trova Casa Premium“, VI, n. 57, aprile 2010, pp. 46-48).

1 Per un approfondimento si veda l’articolo del 29 dicembre 2016 di Antonio Maria Mira, Azzardo, è nuovo record. Nel 2016 spesi 95 miliardi, sul sito web:  www.avvenire.it/attualita/ pagine/azzardo-e-nuovo-record-nel-2016-spesi-95-miliardi [data di ultima visualizzazione: 5 giugno 2017].

 

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