Nel caso Consip anche le manovre per indebolire lo 007 ravennate diventato scomodo

Su La Repubblica un’inchiesta di Bonini e Foschini che ricostruisce le lotte di potere e i veleni che ruotano attorno all’indagine di Woodcock e del Noe dei carabinieri: ai servizi segreti qualcuno vorrebbe mettere all’angolo Marco Mancini, uomo forte dell’epoca Pollari e fratello del procuratore capo di Ravenna. Tutto in un file docx allegato a una email

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Marco Mancini aiuta la giornalista Giuliana Sgrena a scendere dall’aereo al rientro in Italia dopo la liberazione dal sequestro in Iraq nel 2005

C’è anche il nome di un ravennate, un 57enne ex carabiniere di Lugo da tempo ai servizi segreti, tra quelli che punteggiano la trama della storia Consip. Le manovre, i veleni e i personaggi che ruotano attorno all’affaire che sta agitando larghe fette dello Stato sono ricostruiti in una inchiesta giornalistica firmata da Carlo Bonini e Giuliano Foschini in due puntate su La Repubblica. I due reporter hanno messo in fila le informazioni raccolte da sette diverse fonti qualificate e dalla lettura di carte riservate per fotografare quanto ci sia di vero e quanto ci sia di complottista nella vicenda.

Alcune mosse dei principali protagonisti dell’inchiesta sarebbe state fatte, secondo Repubblica, anche per mettere all’angolo il lughese Marco Mancini, fratello del procuratore capo di Ravenna e 007 depositario di parecchi segreti dell’epoca in cui alla direzione del Sismi stava Niccolò Pollari.

La vicenda si collega al passaggio del colonnello Sergio De Caprio, più noto come “Ultimo”, dal Noe dei carabinieri all’Aise, agenzia informazioni e sicurezza esterna. In buona sostanza lo spionaggio italiano all’estero. Il trasferimento è la richiesta di Ultimo per lasciare il reparto da lui plasmato ma diventato inviso ad alcuni per la portata di certe indagini. Ecco un passaggio del servizio di Bonini e Foschini: «Il direttore dell’Aise, Alberto Manenti, coglie in De Caprio un’opportunità. Dal giorno in cui ha messo piede nella stanza di direttore dell’Aise […] è, infatti, assediato dai veleni della stagione del Sismi di Niccolò Pollari. E dal suo epigono, Marco Mancini. Ex carabiniere, benvoluto nei circoli di certa sinistra, è stato potentissimo capo divisione all’acme delle fortune pollariane, travolto con infamia dall’extraordinary rendition di Abu Omar e dalle vicende della centrale di spionaggio parallelo cresciuta all’ombra della Telecom di Tronchetti Provera. Marco Mancini è un sopravvissuto. Ha attraversato le tempeste giudiziarie protetto dal segreto di Stato, ma ne è uscito menomato nelle sue ambiziosissime aspettative di carriera. È stato parcheggiato per un po’ a Vienna. Poi è rientrato a Roma dove è stato messo dietro a una scrivania al Dis. Anche se non ha un incarico da niente. Perché controlla la contabilità, coperta da segreto».

Manenti considera Mancini come una minaccia interna. Il lughese è considerato – ma su questo gli stessi giornalisti non hanno elementi per confermare o smentire – «il depositario di inconfessabili segreti che riguardano la stagione dei pagamenti dei riscatti per gli italiani sequestrati in Iraq durante il conflitto e persino della morte di Nicola Calipari».

Mancini.docx” è il nome del file allegato a una delle due email che il capitano dei carabinieri Giampaolo Scafarto, membro del Noe coinvolto nella vicenda Consip, ha indirizzato a De Caprio quando era già passato ai servizi. Mancini sarebbe considerato come un problema da risolvere per timori sulla fedeltà degli 007 alla intelligence: «In quella mail – si legge ancora da Repubblica – si svela il rapporto tra Italo Bocchino e Marco Mancini, documentato da intercettazioni telefoniche alcune delle quali non allegate agli atti “ufficiali” di indagine, e dunque si allunga l’ennesima ombra sull’ultimo dei pollariani nella nostra Intelligence, il custode dei segreti di quella stagione». L’avvocato di Ultimo, Francesco Antonio Romito, assicura che quelle mail forse non sono state neppure lette e certamente non le ha sollecitate.

Alla luce di questa dettagliata ricostruzione di Repubblica, assume un contorno diverso quanto scrisse Il Tempo un anno fa a proposito di un fascicolo di indagine aperto a Ravenna da una denuncia per minacce di morte presentata proprio da Mancini.

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