Potenzialità archeologiche, la mappa è pronta da un anno ma il Comune non ha fretta

Il documento che studia il sottosuolo ravennate attende l’approvazione che sembra ancora lontana. L’assessore: «Dobbiamo capire quali vincoli comporta», Intanto però già pagati 20mila euro

Anitagaribaldi

Gli scavi di piazza Anita Garibaldi a Ravenna. Nel corso della realizzazione dell’isola ecologica interrata di Hera nel 2011 vennero scoperti mosaici pavimentali

La Carta delle potenzialità archeologiche è uno strumento di pianificazione urbanistica adottato ormai da molti Comuni in Italia, tra cui diversi in Romagna vicini a quello di Ravenna che ne è invece sprovvisto nonostante recentemente sia stato “fortemente consigliato” da parte di Regione e Ministero. E nonostante già nel 2010 il Comune di Ravenna fece un’indagine di mercato per trovare soggetti in grado di realizzare uno studio in questo senso e nonostante gli annunci della precedente Amministrazione, che si era impegnata ad approvarla entro la scorsa legislatura. In realtà è stato assegnato nel 2014 un bando per la sua realizzazione, a cui hanno partecipato quattro soggetti, vinto dalla Archeosistemi di Reggio Emilia che ha consegnato a fine 2016 (circa un anno dopo le previsioni iniziali) la Carta, presentata in commissione a Palazzo Merlato nel gennaio dell’anno scorso. Il Comune ha già corrisposto alla società circa 20mila euro, come previsto nel bando. Ma in questi 14 mesi pare (anche sentendo la Soprintendenza) che nulla o quasi si sia mosso. E la Carta deve ancora entrare per eventuali emendamenti in commissione e consiglio comunale.

Dal Comune ci spiegano che si tratta di un normale iter burocratico, che ci sono state anche altre priorità, che gli strumenti urbanistici hanno procedimenti complessi. E che dovrà riprendere anche il confronto con la Soprintendenza. Ma ci fanno anche intendere che qualche dubbio resta. «Siamo spesso accusati di rallentare le pratiche, di eccessiva burocrazia e di lungaggini – commenta al telefono l’assessora all’Urbanistica Federica Del Conte – quindi non siamo dell’idea di introdurre vincoli a 360 gradi senza capire esattamente quello che può comportare. Siamo naturalmente a favore della tutela del patrimonio archeologico, è un tema molto importante, ma ha bisogno anche della massima attenzione. Siamo però già al lavoro e anche Ravenna avrà la sua Carta, anche se non posso dire esattamente tra quanto».

Di fatto la Carta, per intenderci, rappresenta una mappa del sottosuolo e il suo recepimento negli strumenti urbanistici impone ai vari progetti edilizi, in particolare dei privati, determinati vincoli, a seconda del grado di “potenzialità archeologica” della zona. Con la differenza che, rispetto al passato, i progetti anche dei privati dovranno passare di fatto al vaglio della Soprintendenza. Al momento invece l’unico obbligo (in zone naturalmente non già di per sé vincolate, come quella di Classe) è quello di comunicare alla Soprintendenza eventuali ritrovamenti durante un cantiere.

Abbiamo parlato della Carta con Barbara Sassi, direttore tecnico di Archeosistemi. «Ci eravamo già occupati in passato di Carte di potenzialità archeologiche, in particolare in Emilia. Il territorio di Ravenna è molto ampio e molto interessante, fatto di trasformazioni anche ambientali del paesaggio. È molto affascinante pensare che nell’antichità Ravenna fosse una città sull’acqua, è stato molto bello lo studio di geomorfologia, studiare l’avanzamento della linea di costa con i cordoni litorali che man mano si sono spostati, i canali che si sono interrati a volte per volontà dell’uomo, a volte per fenomeni naturali. Si è trattato di un lavoro molto impegnativo per noi».

La mappatura dei punti archeologici della nuova Carta, che abbiamo avuto modo di consultare anche se solo in parte, è molto simile, quando non identica, all’atlante tematico di topografia antica della funzionaria della Soprintendenza Valentina Manzelli, pubblicato con il nome “Ravenna” nel 2000 dalla casa editrice L’Erma di Bretschneider. «Quando si compila una scheda di sito archeologico – replica Sassi – l’istituto centrale per il catalogo e la documentazione impone di pubblicare i dati così come sono, in modo asettico. Se io li interpreto, poi posso rischiare di modificarli. Ma oltre alla mappatura di tutto il conosciuto, abbiamo fatto sondaggi e carotaggi e la Carta si compone di tre relazioni e di tavole più generali. C’è stato un gran lavoro, dietro…».

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