Il 12 aprile 2017 il 19enne Matteo Ballardini moriva in un parcheggio a Lugo abbandonato in agonia da 4 amici: mentre per loro sta per cominciare il processo per omicidio volontario, si chiude il fascicolo parallelo su uno strano canale di uscita dell’oppioide dagli ambulatori dell’Ausl. Indagati una psichiatra e un’ex dipendente
Gli aspetti poco limpidi riguardanti la provenienza di quella sostanza erano stati già cristallizzati nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Andrea Galanti a giugno 2018 quando finirono in carcere i quattro compagni che trascorsero la notte con “Balla”, come era noto a tutti: il 29enne Leonardo Morara, il 23enne Simone Palombo e il 25enne Ayoub Kobabi oltre alla già citata “Bea”. Quest’ultima si era vantata in chat con “Balla” di avere quantità industriali di metadone. Una delle amiche della Marani, ascoltata dalla squadra mobile che ha condotto le indagini (pm Marilù Gattelli), disse che la 22enne aveva sempre una boccetta a disposizione nella borsa e fece riferimento a un canale di approvvigionamento direttamente dal Sert ma attraverso modalità poco chiare che avrebbero coinvolto una parente e uno strano status di anonimato per i registri dell’Ausl.
In estrema sintesi la procura ha ricostruito uno scenario accusatorio in cui “Bea” era stata presa in carico dal Sert in forma anonima e senza un rigido controllo sul percorso di assunzione: la zia passava a ritirare i flaconi sui quali non compariva il nome della nipote. Questo sarebbe accaduto a partire da novembre del 2016 fino al giorno della tragedia. Secondo quanto riporta Il Resto del Carlino in quei sei mesi la ragazza avrebbe avuto a disposizione 9.650 mg che equivalgono a qualcosa tra 480 e 960 dosi giornaliere (ognuna in media è di 10-20 mg). Per l’accusa la psichiatra del Sert aveva garantita una corsia preferenziale per la giovane, come una sorta di lasciapassare in virtù di alcune parentele che la 22enne vanta tra il personale medico che risultano estranee ai fatti a differenza della zia direttamente coinvolta. In buona sostanza secondo l’accusa “Bea” spacciava metadone recuperato illecitamente dal Sert.
L’avviso di fine indagine solitamente precede l’intenzione della procura di richiedere il rinvio a giudizio. Ora gli indagati avranno possibilità di presentare memorie difensive o essere interrogati. La direzione aziendale dell’Ausl Romagna ha comunicato che assicurerà la massima collaborazione con la magistratura, ed inoltre rende noto che, in relazione a nuovi elementi emergenti dall’indagine, si attiverà nei modi e nelle forme previste dalle norme.