Birra e cocaina in attesa che passi l’overdose all’amico: 4 arrestati per omicidio

Matteo Ballardini morì a 19 anni il 12 aprile 2017 abbandonato in auto dopo ore di agonia in cui vomitava e non parlava: per tutta la notte gli amici lo portarono in giro sulla sua vetture senza chiamare i soccorsi per evitare guai. In manette quattro amici tra 22 e 28 anni

I rilievi attorno alla Polo di Matteo Ballardini

Era sul sedile passeggero dell’auto di sua madre, incosciente da ore per un’overdose da metadone e attorno a lui in un parcheggio appartato c’erano gli amici – tra cui la ragazza che gli aveva procurato il flacone – che bevevano birra e consumavano cocaina per riuscire a stare svegli, convinti che ci fosse solo da aspettare e l’altro si sarebbe ripreso senza bisogno di chiamare i soccorsi. È il quadro drammatico delle ultime ore di vita di Matteo Ballardini così come dipinto dalle 160 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere per quattro giovani tra 22 e 28 anni ritenuti responsabili a vario titolo della morte del 19enne lughese arrivata nella tarda mattinata del 12 aprile 2017 a Lugo. I destinatari del provvedimento che segna una svolta nell’indagine della squadra mobile della polizia sono Beatrice Marani (22 anni), Leonardo Morara (28), Simone Giovanni Palombo (22) e Ayoub Kobabi (24). Le accuse mosse nei confronti dei quattro lughesi dalla procura (pm Alessandro Mancini e Marilù Gattelli) sono gravissime: tutti sono chiamati a rispondere in concorso di omicidio pluriaggravato, alcuni anche di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti.

A rendere la vicenda inquietante è la motivazione che ha frenato il gruppo, dove la ragazza ha avuto una posizione dominante, dal rivolgersi al 118. Gli accusati nei loro racconti hanno sostenuto di aver agito per risparmiare conseguenze a “Balla”, come lo conoscevano tutti, che da poco era stato in una struttura sanitaria per problemi di droga. Ma l’ipotesi accusatoria, suffragata dai racconti di persone informate sui fatti, è che dietro a tutto ci sia stata solo la volontà di assicurare la propria impunità e proteggere una rete di conoscenze in cui il traffico di stupefacenti e lo sballo a colpi di droghe e antidepressivi era la quotidianità. «E a me non pensate?», avrebbe risposto Marani agli amici che proponevano di chiamare aiuto. Molti dei protagonisti non hanno fatto mistero di aver già vissuto altre situazioni simili in cui nessuno però ci aveva lasciato la pelle. E forti di questi precedenti erano convinti che sarebbe passata anche questa. Anzi, avevano anche pensato di tenere da parte un po’ della cocaina che stavano consumando perché «era quello che serviva a Balla per riprendersi al mattino» e andare dritto a scuola. Le parole del gip Andrea Galanti che firma l’ordinanza sono macigni: si parla di scellerata adesione degli indagati a un destino che prevede anche che Matteo muoia.

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Il procuratore capo Alessandro Mancini e il sostituto Marilù Gattelli

L’autopsia fissa il decesso nella tarda mattinata del 12 e il tempo per rendersi conto che qualcosa andava fatto c’è stato perché l’assunzione del metadone risale attorno alle 23 del giorno prima. Il malore è immediato e Ballardini finisce in uno stato in cui vomita spesso e riesce solo a emettere versi e bofonchiare parole incomprensibili. Addirittura chi quella notte ha ricevuto telefonate dagli indagati ricorda che in sottofondo si sentiva il respiro del 19enne. «Sordi e ciechi all’inquietante sintomatologia del respiro agonico», scrive il gip.

Per tutta la notte il 19enne è stato tenuto a bordo della sua auto e spostato «come fosse una pallina» – dice uno degli indagati confidandosi in seguito con un’amica – fino alle 8 del mattino quando viene lasciato solo nel parcheggio di via San Giorgio con i finestrini abbassati. Morara abita poco lontano e passerà per controllare le sue condizioni verso le 12 trovandolo ancora vivo ma incosciente poi verso 15 e lo troverà senza vita nell’auto sotto al sole. A quel punto andrà da un avvocato e comincerà a parlare.

Si è trattato di un’inchiesta condotta anche sui social. A sintetizzare un anno di indagini sono stati il capo della mobile Claudio Cagnini e il sostituto procuratore Marilù Gattelli: «Quando abbiamo cominciato a lavorare per individuare chi erano le ultime persone ad averlo visto vivo e cosa era successo quella notte, ci siamo ritrovati dentro al mondo giovanile lughese in cui il passaparola aveva diffuso notizie tra molte persone soprattutto nelle chat di Facebook e Whatsapp. C’era un gran numero di persone in possesso di informazioni utili, raccolte anche di propria iniziativa». C’è stato infatti chi ha usato il proprio telefonino per registrare conversazioni e filmare scene. Il gip parla di «sconfortante, scoraggiante e allarmante fosco sfondo plurisoggettivo che recita dietro le quinte della inquietante vicenda criminale» e usa l’espressione «coro muto» per denotare il carattere solo telematico delle voci dilagate dopo la morte del giovane.

Attraverso gli interrogatori degli indagati e di molti giovani informati sui fatti, il setaccio delle chat e l’ascolto dei messaggi vocali, l’incrocio dei tabulati telefonici e delle celle agganciate dagli apparecchi, l’acquisizione dei filmati delle telecamere di videosorveglianza, i poliziotti sono riusciti a ricostruire ogni spostamento della notte dello sballo finita in tragedia. Cinque ragazzi, una vettura, tanta droga.

Il capo della mobile Claudio Cagnini e il sostituto procuratore Marilù Gattelli

“Balla” esce di casa dopo le 21 per incontrarsi con “Bea”. Poco prima si sono scambiati messaggi via Whatsapp. È lei per prima che lo saluta. Poi lui le dice: «Ho bisogno di parlare con te, sto strippando. Riesci a portarmi per favore un po’ di Xanax o del metadone che andrebbe meglio poi ci facciamo delle chiacchiere se non ti scoccia». Lei si vanta: «Di metadone ne ho in quantità industriale, Xanax finito». Gli amici dicono che “Bea” è conosciuta per avere sempre una boccetta in borsa. Il ragazzo sale sulla Volkswagen Polo scura e passa a prendere l’amica poi vanno al McDonald’s dove mangiano qualcosa e nel parcheggio prendono il metadone. Marani si accorge subito che il ragazzo si sente male e allora verso mezzanotte chiama Palombo, uno del giro con cui spesso partecipa a festini a base di droghe a caso di un terzo giovane estraneo ai fatti, che arriva nel parcheggio in bici. Con lui ci sono Morara e Kobabi che si sono uniti a Palombo lungo il tragitto da casa. Qualcuno propone di chiamare un’ambulanza. Sarebbe invece la ragazza a rassicurarli che tutto sarebbe passato (quando il giorno dopo verrà a sapere che è morto la prima reazione della ragazza sarà di stizza perché a parte lei nessuno regge e si preoccupa che l’amico faccia sparire la confezione vuota di metadone). Davanti al McDonald’s non vogliono restare: spostano di peso il ragazzo incosciente dal posto guida al lato passeggero – avendo ancora più chiaro che non riesce a muoversi da solo – e si mettono in moto. Al volante Morara anche se è senza patente perché sospesa per guida in stato di ebrezza. Durante la notte faranno diversi spostamenti: in un parcheggio appartato, poi in una pasticceria a fare colazione (e da lì Palombo lascerà il gruppo), poi in un bar a comprare birre e infine nell’ultimo parcheggio dove rimarrà l’auto con il corpo del giovane. È a quel punto che Morara va a prendere le due dosi di coca comprate la sera stessa per 80 euro e le consumano. Il secondo che lascia la sciagurata compagnia è Kobabi, poi Morara accompagna Marani a casa e infine va a dormire.

Nel corso della notte la madre di Ballardini chiama al cellulare del figlio, le risponde Marani e le chiede di portare a casa il figlio perché il giorno dopo ha una verifica a scuola. La 22enne risponde con una bugia: dice che sono in un bar, che Matteo è al bagno e ha lasciato il telefono sul tavolo e fra poco sarebbero tornati.

Agli atti dell’indagine c’è un elemento di importanza cruciale. Un video che riprende lo stato di salute di Ballardini. Lo ha girato di nascosto un barista dove Morara va a prendere delle birre da condividere con gli amici. Palombo è già andato a casa mentre Marani e Kobabi attendo al parcheggio. Il barista si accorge subito che quel giovane sta male e chiede informazioni: Morara lo rassicura dicendogli che si è solo calato qualche pasticca ma presto si riprenderà. Non sarà così.

Aggiornamenti del 18 aprile 2023 sul processo

La corte d’assise d’appello di Bologna ha deciso che si trattò di omicidio colposo aggravato dalla previsione dell’evento: leggi l’articolo di approfondimento.

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