Astim è nata a Ravenna nel 2007 per la nautica da diporto, ora fattura 5 milioni all’anno, fornisce strumenti alle forze militari, occupa 25 persone e prevede 75 assunzioni nei prossimi anni. L’amministratore delegato: «Costruiamo una sorta di Playstation super potente per lo scenario tattico»
Astim oggi ha la sede operativa a Fornace Zarattini ma conserva la sede legale a Ponte Nuovo: «Per la precisione nel garage della casa della mia famiglia da dove è cominciato tutto 15 anni fa». Gli obiettivi dell’epoca erano altri: «Guardavamo alla nautica da diporto che era un settore con fatturati in grande espansione e fondammo una società per distribuire apparati di navigazione per conto di altri. L’idea era di un’attività commerciale, compravamo per rivendere. Però non ci avevano avvisato che nel 2008 sarebbe arrivata la crisi…».
Per sopravvivere bisognava reinventarsi: «Era il periodo delle frequenti aggressioni dei pirati nel golfo di Aden e ci siamo inventati un sistema che aumentava la protezione delle navi dagli attacchi. In poche parole quando il radar individuava la presenza di qualcosa in avvicinamento un software manovrava le telecamere con visione notturna per capire cosa c’era di fronte».
Inizialmente i clienti sono armatori e l’industria navale privata. Poi la svolta del 2010: «Ci rendiamo conto che il sistema poteva essere adattato per la rilevazione di inquinanti in acqua e così, anche in conseguenza di alcune esperienze fatte con i vigili del fuoco, forniamo al consorzio Tal un sistema per la rilevazione di sversamenti di idrocarburi e la protezione del terminal petrolifero più grande del Mediterraneo che è Trieste». La collaborazione si estende alla guardia costiera e fa sì che gli occhi della Marina militare si posino su Astim: «Oggi realizziamo un prodotto di cui siamo proprietari che soddisfa i requisiti del mondo della difesa militare. Dopo Leonardo siamo la seconda azienda italiana che produce sistemi di combattimento, se parliamo di proiezione anfibia invece siamo i primi».
Non sono numeri schizzati per effetto della guerra in Ucraina: «Quando inizia una guerra non c’è una ricaduta immediata per le aziende della difesa militare perché non si va a fare esperimenti al fronte. Le attività di ricerca e sviluppo riprenderanno a conflitto concluso, quando si andranno a elaborare i dati raccolti: diciamo che in questo momento è come se stessimo andando a scuola e poi dovremo fare i compiti a casa. Dallo scontro tra Russia e Ucraina avremo molti spunti di riflessione». Minghelli lo spiega meglio: «Da anni siamo abituati a confronti asimmetrici, le minacce venivano dal terrorismo. Ora invece si è tornati a duelli convenzionali fra eserciti schierati con un ruolo cruciale per l’artiglieria. Questo cambia l’attenzione su diversi scenari, ad esempio quello tra Cina e Taiwan».