Omicidio Molducci: il figlio cercò autopsia prima di essere indagato «per tutelarsi»

Udienza 2 / Le testimonianze dei medici di base che avevano in carico il 67enne deceduto nel 2021 e dei farmacisti che si accorsero delle richieste massicce di medicinali: l’uomo si prescriveva psicofarmaci e antidolorifici da tempo

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L’aula di corte d’assise di Ravenna per il processo a carico di Elena Vasi Susma e Stefano Molducci

La morte del 67enne Danilo Molducci, medico di base in pensione, è arrivata il 28 maggio 2021 nel letto di casa sua a Campiano e il giorno stesso il figlio Stefano cercò un medico legale per eseguire un’autopsia con analisi tossicologiche su benzodiazepine per tutelare se stesso e la badante del genitore, la 52enne Elena Vasi Susma, da accuse di omicidio. Ma in quel momento nessuno dei due era indagato per quel reato. Solo la donna era sotto indagine ma per una presunta falsificazione di ricette mediche. La circostanza è stata raccontata da Daniela Lorenzi che all’epoca del decesso era il medico curante del 67enne e ricevette la richiesta dal figlio 40enne. Lorenzi è tra i cinque testimoni interrogati stamani, 8 maggio, nella seconda udienza del processo in corte d’assise a Ravenna che vede imputati Stefano Molducci e Elena Vasi Susma per omicidio pluriaggravato in concorso. Secondo l’accusa, in sintesi, il figlio avrebbe pianificato il delitto con un avvelenamento da farmaci di cui il medico già faceva un uso massiccio e si sarebbe avvalso della collaborazione della colf. Il movente starebbe nei contrasti con il genitore nell’ambito della gestione del patrimonio finanziario.

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La magistrata Angela Scorza rappresenta l’accusa nel processo per l’omicidio del medico Danilo Molducci

Lorenzi venne scelta come medico da Molducci 40 giorni prima del decesso: «Il figlio poi mi disse che il padre aveva cambiato per un contrasto con la precedente collega nella prescrizione di farmaci». Tra il 19 aprile e il 28 maggio 2021 Lorenzi non prescrisse mai farmaci: «Non ho mai avuto richieste di visite domiciliari e non ho mai incontrato Molducci. Un solo contatto fra noi al telefono all’inizio di maggio e quella volta non mi pareva una persona confusa, non aveva la voce impastata: mi disse che era allettato, che avrebbe dovuto fare un intervento chirurgico alla spalla, che aveva avuto un’embolia polmonare, che aveva mal di stomaco e voleva fare una gastroscopia che gli ho prescritto. Fino al momento della morte non sapevo che prendesse benzodiazepine».

Poi il 28 maggio il decesso e Stefano le chiese come eseguire un esame autoptico: «Mi disse che voleva tutelarsi da eventuali accuse da parte della compagna del padre. Io non feci altre domande e chiami il medico legale Gabriele Armuzzi che rifiutò la prestazione perché non c’erano le condizioni. In seguito venni a sapere che si fece su decisione della procura». Già nella prima udienza un carabinieri aveva testimoniato la stessa circostanza: il figlio chiese anche ai militari come fare un’autopsia.

Cosa emerge dalle testimonianze

Dalle testimonianze odierne è emerso anche un aspetto su cui le difese (avvocati Cristina Battaglia e Antonio Giacomini) insistono sin dalle origini dell’indagine: Danilo Molducci di fatto autogestiva la propria salute utilizzando i medici di base quasi come fossero solo degli esecutori delle sue richieste e da molto tempo faceva un uso abbondante di psicofarmaci e antidolorifici. «Se ne trovavano numerose confezioni esauriti nel suo ambulatorio e nell’abitazione della madre», ha riferito Desiderata Farneti, collega di Molducci con cui condivise l’ambulatorio tra il 2009 e il 2015 e poi per un periodo fu anche il suo medico curante.

L’approvvigionamento di questi medicinali passava sostanzialmente da autoprescrizioni che Molducci staccava dal proprio ricettario. Lo ha testimoniato Elena Placci, medico curante di Molducci dal 2016 fino a 40 giorni prima del morte quando le subentrò la già ricordata Lorenzi. «Il 7 giugno 2021 il figlio Stefano mi chiamò in ambulatorio per chiedermi se ero disponibile a testimoniare a suo favore che il padre assumeva farmaci con stupefacenti di sua iniziativa. Io gli risposi che non li avevo mai prescritti. Mi limitavo a fare le richieste per farmaci per trattamenti cronici».

 NGL8901A questo proposito, il presidente della corte Michele Leoni ha voluto sapere da Placci se prima di prescrivere farmaci si aggiornasse su cos’altro assumesse già «un paziente come Molducci che aveva problemi gravi, tant’è che dopo un po’ è morto». Una frase che pare legare il decesso del medico alle cagionevoli condizioni di salute, ipotesi che andrebbe contro l’ipotesi accusatoria di un omicidio volontario per overdose di farmaci.

La dimensione della quantità di psicofarmaci e antidolorifici richiesti da Danilo Molducci attirò l’attenzione dei farmacisti. A gennaio 2021, quattro mesi prima della morte, la direttrice della farmacia Comunale 1 e il direttore della farmacia Comunale 8, Giorgia Borghi e Gabriele Taglioni, fecero una denuncia ai carabinieri. Borghi ne ha riferito nel corso della sua testimonianza rispondendo alle domande del pubblico ministero Angela Scorza: «Controllando i documenti mi resi conto che ricevevamo ricette bianche compilate a mano da Molducci ogni 2-3 giorni con prescrizioni per se stesso di molti tipi diversi di farmaci e molte scatole di ognuno. A ritirare veniva una persona, penso la badate, a volte anche nelle aperture notturne della farmacia. A un certo punto ci rendemmo conto anche che la calligrafia con cui erano compilate cambiò e la donna ci disse che il dottor Molducci era debilitato e incapace di scrivere e quindi le faceva lei al suo posto. Da quel momento non ricevemmo più ricette e andammo a fare un esposto ai carabinieri».

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