Gli allagamenti causati dall’alluvione nel comune di Ravenna hanno riguardato 60 km quadrati, coinvolto 3000 edifici, 900 imprese, 4.200 cittadini, 37 allevamenti e complessivamente, seguendo una strategia preventiva che non aspettava l’arrivo dell’acqua, è stata disposta l’evacuazione di 32mila persone.
Sono numeri forniti dal sindaco di Ravenna, Michele de Pascale, nel discorso pronunciato in municipio a Ravenna dove ha fatto tappa il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in visita alla Romagna colpita dall’alluvione.
I 60 kmq di territorio andati sott’acqua rappresentano il 10 percento della superficie comunale, ma il primo cittadino ricorda che il comune di Ravenna è il secondo più grande d’Italia dopo Roma: 60 kmq sarebbero un terzo del comune di Bologna e di Milano.
La dinamica dell’alluvione
Così De Pascale ha sintetizzato la dinamica dell’alluvione: «Ci sono state piogge mai conosciute e mai viste prima nelle nostre colline che hanno prodotto frane e disastri incredibili per quelle comunità, che già vivono il fenomeno dello spopolamento. Quest’acqua è scesa a grandissima velocità, ha distrutto gli argini di quasi tutti i fiumi della Romagna nelle città vicine alla via Emilia, quindi Faenza, Cesena, Forlì. Ma nel nostro territorio anche Sant’Agata e Castel Bolognese. Poi quest’acqua ha iniziato a scendere, a scendere con grande velocità. C’erano state le piogge del 3 maggio, il terreno non assorbiva quasi niente e questa enorme quantità d’acqua ha allagato tutta la pianura della provincia di Ravenna».
Il sindaco ha ricordato che la città soffre di subsidenza da migliaia di anni (l’abbassamento del suolo) e quindi poteva essere allagata in modo molto più consistente: «Si poteva arrivare a coinvolgere 100/150mila persone, la quasi totalità era a rischio. Nel nostro piano di Protezione civile il 100% del territorio è potenzialmente alluvionabile».
Il racconto di De Pascale prosegue: «Si sono ricostruiti argini con operai e ditte che sono andati a lavorare in contesti difficilissimi. I dipendenti dei consorzi di bonifica che sono riusciti a regimentare i canali e a farli circolare con flussi d’acqua che erano impensabili. L’acqua è tornata a poter circolare sui fiumi che avevano rotto. Sono arrivate quindi pompe idrovore, prima da tutta Italia e poi da tutta Europa. Abbiamo nella sala consiliare le bandiere del Canada e del Regno Unito, per il sacrificio che fecero durante la seconda guerra mondiale. Dopo tanti anni abbiamo di nuovo avuto bisogno in maniera molto diversa e in questo comune e in questa provincia ci saranno anche le bandiere della Slovenia, della Slovacchia, del Belgio e della Francia. Perché noi non dimentichiamo chi ci aiuta».
Il salvataggio è avvenuto grazie agli sforzi sul campo e alle opere del passato: «Il cardinale Giulio Alberoni deviò due fiumi che circondavano la città, il Ronco e il Montone, e che avevano fatto storicamente danni incredibili nel 1700, quando il palazzo della Prefettura, invece di avere il sapiente governo del prefetto, aveva quello delegato pontificio. In questi giorni, oltre a chiedere gli indennizzi, ovviamente per chi è stato colpito, chiediamo anche che a fronte delle nuove sfide dei cambiamenti climatici, vengano realizzate anche le opere del nostro tempo, per proteggere le persone».