Ci sono cinque indagati dalla procura di Ravenna per l’incendio che distrusse parte dei locali della storica Tipografia Moderna in via Giulio Pastore a Ravenna (zona Bassette) nella notte tra il 17 e il 18 ottobre scorso. Una consulenza richiesta dalla procura aveva individuato tre punti d’innesco, preparati cospargendo liquido infiammabile.
Due persone devono rispondere di incendio in concorso e tutte di turbativa d’asta continuata e in concorso: l’amministratrice della società, un affarista, un finanziatore e due avvocati. A tutti, come si legge sui quotidiani locali Resto del Carlino e Corriere Romagna che nei giorni scorsi hanno riportato la notizia, è arrivato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari che solitamente prelude alla richiesta di rinvio a giudizio da parte della procura.
Il capo di imputazione per turbativa d’asta è contestato perché l’incendio scoppiò il giorno prima dello svolgimento dell’asta per la vendita del capannone nell’ambito della procedura di liquidazione amministrativa coatta della cooperativa Tipografia Moderna che andava avanti da un decennio. L’asta si tenne comunque il 19 ottobre nello studio di un notaio di Ravenna e furono due le società a presentare un’offerta. Aggiudicazione per 322.500 euro a un’azienda ravennate specializzata in isolanti termici risultata estranea all’intera vicenda (valore stimato da perizia di 900mila con offerta minima di 262.500). L’altra concorrente era un’immobiliare cittadina. Non si presentatò all’asta la Edizioni Moderna, ditta che dal 2013 aveva preso in affitto il magazzino per poi comprare nel 2017 il ramo d’azienda dalla storica Tipografia Moderna (finita in liquidazione) e presente all’interno degli spazi parzialmente bruciati.
L’incendio notturno – secondo la ricostruzione degli investigatori – sarebbe stato pianificato da una 42enne di San Pancrazio, vicepresidente della società cooperativa Edizioni Moderna, insieme a un 50enne di Castel Guelfo, con cui la donna pare fosse in affari da anni. Insieme avrebbero appiccato le fiamme per far saltare la gara. Ultima mossa di una lunga serie di azioni per rimandare la procedura di vendita giudiziaria insieme agli altri tre indagati: un 53enne di Cenate Sopra (Bergamo) e a due avvocati, un 67enne di Riccione e una 52enne originaria di Copparo ma residente a Ravenna. La prima asta di marzo 2022 se l’era aggiudicata un’azienda di Roma che però non aveva saldato l’importo: secondo l’accusa quello fu il primo stratagemma messo in atto dal gruppo per rallentare la procedura giudiziaria.