«Era malata, ma non ha chiesto di morire. Piera Ebe Bertini è vittima due volte: uccisa perché non soffrisse più, una modalità paternalistica di vedere i fatti e di raccontarli che assolve l’uccisore». Sono parole dell’avvocata Federica Moschini, assessora comunale a Ravenna con delega a Politiche e cultura di genere, a commento del delitto avvenuto ieri, 9 settembre, in una villetta di via Lolli. La donna 77enne, da tempo affetta da Alzheimer, è stata uccisa dal marito, il 78enne Enzo Giardi che la assisteva dall’inizio della malattia.
Moschini usa il suo profilo Facebook per esprimere le condoglianze alla famiglia della vittima e per riflettere sui contorni della vicenda, andando a chiamare in causa la cronaca dei fatti riportata da alcuni media locali: «Come si può scrivere “Non si conoscono ancora i motivi del gesto, non si esclude possano essere legati alle condizioni di salute della donna, da tempo malata”? Come se i motivi di salute o l’età della vittima potessero giustificare un gesto simile, un femminicidio. E sono anche stanca di leggere notizie riportate in questo modo, dove la vita, sopratutto quella di una donna anziana e magari malata, sembra valga meno di quella di un uomo stanco, poverino, di doverla assistere per anni, che deve essere giustificato e compreso. Nessuna di queste donne ha chiesto di morire, nessuna ha lasciato un biglietto di addio. E queste uccisioni finiscono per essere trattate con compassione. Basta».
La Casa delle donne, realtà ravennate che riunisce diverse associazioni attente al tema della parità di genere e al contrasto della violenza contro le donne, annuncia un flash mob in piazza del Popolo a Ravenna per le 18.30 di giovedì 12 settembre: «Contiamo un nuovo femminicidio. Il possesso di un’altra persona non si sostanzia solamente nell’impedirle la libertà di andarsene e perseguire una propria strada autonoma. Non è possesso solo quello del marito o fidanzato che uccide per non farsi lasciare. È possesso ogni volta che la volontà della singola persona viene piegata a quella di un altro, che ne decide e ne dispone. Che sia perché non capace di reggere all’abbandono, o al peso di cura, o all’idea che l’età e la malattia dell’altra causino troppa sofferenza. Le donne hanno il diritto come tutti di ammalarsi, invecchiare ed essere curate. Non può e non deve passare l’idea che l’amore uccide. L’amore cura, non uccide».