I finanzieri della compagnia di Faenza, nell’ambito di un’indagine coordinata dalla procura della Repubblica di Ravenna, hanno sequestrato tre unità immobiliari (oggetto di vendita simulata) e l’ultima azienda avviata (compreso beni materiali, conti correnti aziendali e crediti presso terzi) a un imprenditore cinese operante nel settore del confezionamento di prodotti tessili per conto terzi, per un valore complessivo stimato superiore ai 2 milioni di euro.
L’indagine – “stimolata” anche dal protocollo d’intesa stipulato tra Camera di Commercio di Ferrara e Ravenna, Procura della Repubblica e Guardia di finanza ai fini di un più efficace contrasto alle infiltrazioni della criminalità nel tessuto economico locale – ha consentito di individuare il collegamento esistente tra l’imprenditore e la gestione di fatto di sette diverse ditte individuali – intestate a connazionali prestanome – che si sono succedute nel tempo accumulando, in poco più di 10 anni, debiti tributari per circa 2,3 milioni di euro. Si tratta del cosiddetto fenomeno delle imprese “apri e chiudi”, ossia di una tipologia di frode che viene attuata attraverso il ricorso alla ciclica cessazione di attività commerciali che avevano maturato debiti con l’Erario, con il subentro di altre imprese, formalmente nuove, ma in realtà costituite allo scopo di proseguire l’iniziativa economica appena cessata. Un meccanismo di frode, quindi, finalizzato alla cronica sottrazione al pagamento delle imposte, il cui risparmio rappresenta, da una parte, il profitto dei beneficiari della frode, dall’altra, il principale strumento di concorrenza sleale nei confronti degli operatori rispettosi delle regole.
In questo caso le indagini, oltre a ricostruire le modalità attraverso le quali l’imprenditore aveva di fatto continuato a dirigere in prima persona ogni impresa che si era avvicendata presso lo stesso indirizzo, sono state orientate al recupero delle imposte evase mediante articolati accertamenti patrimoniali e indagini finanziarie, che hanno rilevato anche l’effettuazione di numerosi bonifici presso banche cinesi e la fittizia cessione di unità immobiliari e autovetture di lusso. Emblematico, in tal senso, l’acquisto da parte di un operaio senza patente di un’Audi Q8, alla guida della quale è stato però sorpreso più volte proprio il medesimo imprenditore.
Oltre alle tre unità immobiliari e all’ultima azienda avviata, sono stati sequestrati anche gli ulteriori beni riconducibili all’imprenditore e alla figlia, ossia un appartamento a Ravenna di recente acquisizione e due autovetture di pregio, in quanto ritenute di valore sproporzionato rispetto ai redditi dagli stessi dichiarati. Complessivamente un sequestro di beni di valore di circa 2,5 milioni di euro.