lunedì
20 Ottobre 2025
Faenza

Frode fiscale, denunciato titolare di tre empori: denaro inviato in Cina, sequestrati auto e Rolex

Operazione della guardia di finanza che ha individuato il cosiddetto metodo “apri e chiudi” per non pagare i debiti verso l'Erario

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La società non pagava i debiti con l’Erario, veniva chiusa e sostituita da una società formalmente nuova, ma in realtà riconducibile alle stesse persone, che a sua volta non pagava i debiti con l’Erario e avanti così. La guardia di finanza ha individuato un presunto sistema di frode fiscale, il cosiddetto “apri e chiudi”, messo in atto da un imprenditore cinese residente nel Faentino che è risultato “amministratore di fatto” di tre empori della nota catena commerciale cinese “Il Baule Mercatone”, operante sul territorio italiano, intestando le stesse società a connazionali prestanome. Le accuse a suo carico sono frode fiscale e riciclaggio

Il giudice per le indagini preliminari ha convalidato un decreto di sequestro preventivo d’urgenza, emesso dalla procura di Ravenna, per un valore complessivo di circa 10 milioni di euro. Sequestrati conti correnti (verosimilmente in procinto di essere svuotati verso la Cina), beni di lusso (Rolex), vetture di pregio, ingenti disponibilità di contanti, nonché le società di Faenza, di Cervignano del Friuli e di Occhiobello, sottoposte ciascuna ad amministrazione giudiziaria, per la successiva liquidazione dell’intero compendio aziendale ai fini della confisca. Sono state denunciate undici persone e quattro enti giuridici.

L’operazione Orient Express, svolta dalla Compagnia delle Fiamme Gialle di Faenza, è nata da una verifica fiscale. L’imprenditore al centro della presunta frode agive anche mediante l’opera prestata da un consulente fiscale della provincia di Rovigo.

È emersa anche una rete di società cosiddette “cartiere” (imprese inesistenti utilizzate al solo scopo di produrre carte per alimentare la frode) riconducibili anch’esse a soggetti cinesi e con sedi legali a Milano e Monza-Brianza, ma anche Roma e Napoli, utilizzate dal citato imprenditore al fine di documentare circa 7 milioni di euro di fittizie operazioni commerciali, procurandosi così costi inesistenti e dirottando, attraverso bonifici bancari, flussi di denaro verso la Cina. Meccanismo che ha consentito di disperdere le disponibilità finanziarie da destinare, anche coattivamente, al pagamento delle imposte. Di qui anche la contestazione per riciclaggio.

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