Mar del Plata: quegli eroi in uno spogliatoio di rugby

In scena anche l’attore ravennate Claudio Casadio

Una storia vera di torture, assassini, ingiustizie. Un periodo storico, un paese, una dittatura: gli anni Settanta dell’Argentina di Videla. Uno spettacolo decisamente poco consolatorio è Mar del Plata, l’ultima coproduzione di Accademia Perduta/Società per attori che è andata in scena nel comunale di Cervia venerdì 27 novembre (in replica il 28) e sarà in scena al Goldoni di Bagnacavallo il 30 novembre dopo aver esordito a Roma al piccolo Eliseo. La storia di una squadra di giocatori di rugby che vengono eliminati a uno a uno da uno stato governato dall’esercito e dalla paura impersonato magistralmente dall’attore Claudio Casadio. Un gerarca zoppo e spietato che fa parte di una catena di comando e trova nell’impartire ordini di morte l’unico sollievo alla miseria della sua vita, fatta fino a quel momento di frustrazioni e invidie. Un essere spregevole e spietato eppure mai caricaturale nella interpretazione del ravennate che non concede spiragli di empatia allo spettatore, ma allo stesso tempo è in grado di dare a quella figura uno spessore umano, una credibilità nella sua malvagità che lo rende se possibile ancor più spaventoso. Ma a essere credibile non c’è solo lui sul palco. C’è il suo contraltare, l’allenatore, interpretato da Fabio Bussotti, oltre a un di bianco vestito generale . Ma ci sono soprattutto giocatori stessi, tratteggiati in pochi dati biografici e poi visti dentro la suggestiva scenografia di uno spogliatoio di rugby che può all’occorrenza trasformarsi in una cella. Un gruppo di ragazzi in grado di contagiare il pubblico con la passione sportiva e la voglia di vivere e la capacità di scegliere comunque di stare dalla parte giusta in modo quasi istintivo, di mettere in atto un gesto di ribellione perché incapaci di fare calcoli di convenienza. Ragazzi che alla fuga scelgono la resistenza, scelgono di continuare ad andare in campo, sempre più decimati, fino alla fine, a testimoniare cosa sta accadendo in Argentina. Mentre le luci della ribalta internazionale sono concentrate sul campionato mondiale di calcio, il focus della scena è tutto su questo sport trascurato ma che per i giocatori rappresenta l’occasione di riscatto delle loro vite di panettieri, postini, operai, vite destinate a essere spezzate dall’assurdità di una dittatura cieca e barbara. In un gioco scenico quanto mai efficace che fa sembrare il palcoscenico una meravigliosa scatola magica di spazi verticali e orizzontali, si muovono, diretti dal regista Giuseppe Marini, attori più esperti e ragazzi giovanissimi (con Giovanni Anzaldo nella parte di Raul, il capitano, l’unico che sopravviverà) in un mix assai riuscito per raccontarci un fatto di cronaca che racconta un pezzo di storia attraverso un testo drammaturgico intenso e mai banale, tratto un libro di Claudio Fava che recupera questa vicenda quarant’anni dopo per restituirne l’orrore della tirannia e l’eroismo di un gruppo di ragazzi, giocatori di rugby.

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