Tre mostre in una al Museo d’arte: Tassinari, Tealdi, CaCo3

Visitabile fino all’8 gennaio al Mar dove sono allestite altre tre mostre, tutte a ingresso libero

C’é tempo fino domenica 8 gennaio per visitare la mostra di arte contemporanea allestita al Museo d’Arte di Ravenna: tre gli artisti o i gruppi invitati e ancora tre i critici che li presentano nella rassegna “Critica in Arte”, giunta alla sua nona edizione. L’esposizione offre la vista di lavori e opere molto diversi tra loro, con uno stacco repentino di stile, aura e significati da una stanza all’altra: forse un po’ troppo, ma è ciò che occorre mettere in conto per un progetto che fin dall’inizio ha difeso la libertà di scelta del singolo curatore e il suo rapporto privilegiato con l’artista individuato.
Accettata la formula che – è giusto dirlo – ha ricevuto comunque più consensi che critiche – si può passare alla prima sala dove sono esposti i lavori di Cristiano Tassinari, presentato da Roberta Pagani. Forlivese, classe 1980, l’artista ha iniziato la sua carriera nel 2004 con mostre locali per alternare poi le sue presenze a Milano, Roma, Torino e Berlino, questa ultima la città in cui risiede attualmente. Il suo lavoro è ben reso dalle parole della curatrice quando definisce Cristiano un «accumulatore seriale di simboli e di soggetti» con un particolare interesse per gli stereotipi globali. Tipico l’utilizzo multimaterico e la traslazione di elementi da un contesto a un altro con un’accentuazione di forte estraneità del prodotto finito, secondo quel processo ready-made che Duchamp mise a punto ormai un secolo fa. Anzi, adesso che focalizziamo la data, è un peccato pensare che ci si sia giocata la possibilità della celebrazione di un centenario – scaduto nel 2013 – che ha cambiato la storia dell’arte e ha ancora filiazioni multiple e creative.
Da queste stanze di chiaro sapore Pop postmoderno si passa in modo abbastanza straniante alla raccolta di un lavoro che andrebbe visto senza troppe interferenze: Davide Caroli infatti ha scelto di presentare Enrico Tealdi, un artista nato a Cuneo nel ’76, che dipinge carte foderate su tela spesso di piccole dimensioni. Silenzio, attesa e tempo sono le matrici di opere che vengono realizzate tramite stratificazioni, velature progressive di colore scuro, in alcune serie poi graffiate quasi a rivelare ciò che è stato sepolto nella memoria. È un lavoro di grande suggestione poetica che si amplifica mediante una forte rarefazione delle scene: i dipinti vengono eseguiti con grande lentezza tecnica – come annota il curatore – e hanno bisogno di altrettanta lunghezza di tempi e silenzio per mettersi in sintonia con lo spettatore. Non viene da dire “per essere visti”, perchè non si “vedono” i paesaggi dell’anima; casomai se ne fa esperienza.
Meno duro il passaggio da questo intimo notturno alle stanze successive dove Daniele Torcellini condivide più che presentare il lavoro di CaCO3, mosaicisti, amici, artisti, che da anni percorrono una strada inusuale per il mosaico dirottandone la storia dalle radici figurative, riproduttive, decorative o astratte verso territori concettuali e minimalisti. Rispetto al lavoro precedente – fortemente orientato sull’interrogazione di quanto l’atto di creazione sia composto da scelta o caso, da gesto spontaneo oppure organizzato, sia più vicino al manufatto o al concetto – l’attuale allestimento e trasformazione di una sala del Mar in un salotto avanza dubbi ulteriori: quanto oscilla un mosaico fra opera d’arte (in un museo) e oggetto decorativo (in una sala privata)? Non si tratta di una domanda banale, soprattutto se l’oggetto da cui parte la domanda è un mosaico, da sempre conteso fra i due mondi dell’arte e dell’artigianalità, della creazione autonoma e della decorazione. Torcellini argomenta con intelligenza questa ambiguità con la considerazione che è l’atto relazionale con le cose più che la coscienza umana a produrre e mantenere in vita l’oscillazione, in questo caso del mosaico. Sono d’accordo e aggiungo che davanti alla bellezza dei lavori di CaCO3 ci si dimentica perfino di essere in un museo o in un salotto allestito in un museo. Addirittura può succedere di avere l’impressione che il mosaico si muova leggermente, che non finisca dove invece ci dovrebbe essere il confine e che lo sguardo sprofondi dove invece non ci sono che pochi centimetri di spessore. Le ambiguità si moltiplicano nella percezione individuale e forse è proprio questa una delle dimensioni più interessanti dell’arte.

Fino all’8 gennaio al Museo d’Arte della città, oltre a Critica in Arte, sono visitabili altri due eventi: la mostra La casa di Nostra Donna (Dante Alighieri, Paradiso XXI, 121-123). Immagini e ricordo di Santa Maria in Porto Fuori, a cura del prof. Volpe, realizzata dal Museo d’Arte della città in collaborazione con la Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e le due mostre del Festival Transmission Adriano Zanni – Cosa Resta (racconti d’osservazione) Printed in Providence: Noise Decade 2006-2016. Le mostre, inclusa Critica in Arte, sono tutte a ingresso libero; apertura straordinaria il 6 gennaio.

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