Massimiliano Larocca e il lato rock dei Canti Orfici di Dino Campana

Il cantautore fiorentino parla del suo progetto dedicato al poeta di Marradi, e non solo

Venerdì 20 gennaio al Cisim di Lido Adriano il cantautore fiorentino Massimiliano Larocca presenterà il suo progetto sul poeta di Marradi Dino Campana, accompagnato sul palco dal celebre organettista Riccardo Tesi e al “live painting” dall’illustratore Enrico Pantani (in apertura di serata, dalle 21, omaggio a Lucio Dalla con il rapper Max Penombra e il cantautore cesenate Enrico Farnedi).

Larocca aveva già lavorato in passato su Dino Campana, ma l’anno scorso ha pubblicato un vero e proprio disco (Un mistero di sogni avverati, acclamato dalla critica) in cui trasforma in canzoni i “Canti Orfici”, tra folk, rock e contemporanea.

Massimiliano, come e quando nasce il tuo rapporto con Campana?
«Questo lavoro chiude un cerchio iniziato più di 20 anni fa. Dino Campana è stato realmente il primo poeta italiano che abbia davvero amato alla follia. A ciò hanno contribuito molte cose, direi soprattutto la sua vicenda biografica che all’epoca in cui lo scoprii – grazie alla mia illuminata prof di letteratura al liceo – mi colpì molto, suscettibile come ero a tutte le figure maledette. Col tempo, per fortuna, la mia visione e il mio approfondimento sono andati ben oltre quell’approccio molto adolescenziale, e ad oggi posso tranquillamente dire che i “Canti Orfici” sono il libro della vita».
E quando diventa qualcosa anche di musicale?
«Il progetto nacque attorno al 2001: all’epoca ero parte di una compagnia teatrale fiorentina, Chille de la Balanza, che lavorava sui testi di Campana e che addirittura aveva la propria sede nell’ex manicomio di San Salvi, dove Campana stesso venne internato. Il regista Claudio Ascoli mi propose di provare a musicare queste poesie. Io mi approcciai senza molta convinzione, ma qualcosa di magico accadde: l’unica vola in cui posso davvero dire che mi sia capitato qualcosa di trascendente in musica. Così in pochi mesi nacquero queste canzoni nelle quali i testi non sono stati minimamente ritoccati e anzi vengono cantati esattamente per come possiamo leggerli. Sono poi occorsi altri 15 anni per trovare posto e per realizzare un progetto compiuto».
Quali sono state le reazioni a un disco così particolare?
«La risposta è stata ottima, sia da parte della critica che del pubblico, forse perchè è una cosa che in Italia ha pochi precedenti: pensando ai pochi illustri esempi, come De Andrè, spesso si trattava di riscritture ed ispirazioni. Ma di testi integralmente musicati qui da noi – a differenza che in Francia – ci sono pochi esempi».
Alla realizzazione dell’album hanno collaborato un maestro della tradizione popolare italiana contemporanea, il toscano Riccardo Tesi, e i romagnoli Sacri Cuori. Ci sono poi ospiti di rilievo come Nada, Cesare Basile e Hugo Race. Cosa puoi dirci di queste collaborazioni?
«È stato naturale far confluire in questo progetto le amicizie e le collaborazioni più recenti. L’incontro Tesi/Sacri Cuori è stato fantastico e oltretutto ha ricreato la natura stessa e l’origine di Campana che era di fatto un tosco-romagnolo. È stato l’incontro tra due sound straordinari e inconfondibili: quello tradizionale e contemporaneo al tempo stesso di Tesi da una parte e quello romagnolo, romantico, rock dei Sacri Cuori. Il mio rapporto professionale ed artistico con la Romagna continua con mia grande soddisfazione: è il secondo disco che realizzo qui e che esce per una vostra ottima etichetta (di Russi, ndr), Brutture Moderne».
Le numerose collaborazioni hanno modificato il tuo modo di intendere la musica?
«Il lavoro con i Sacri Cuori già prima di quest’ultimo disco e con Tesi adesso ha certamente spostato l’asse della mia musica. E non tanto (o non solo) in senso folk – io che vengo dalla canzone d’autore rock – ma quanto in termini di timbri, ambienti, colori. Ho ricavato da queste collaborazioni delle chiavi più cinematiche e orchestrali, una visione di insieme della musica che certamente voglio approfondire».

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