Il cantautore fiorentino parla del suo progetto dedicato al poeta di Marradi, e non solo
Larocca aveva già lavorato in passato su Dino Campana, ma l’anno scorso ha pubblicato un vero e proprio disco (Un mistero di sogni avverati, acclamato dalla critica) in cui trasforma in canzoni i “Canti Orfici”, tra folk, rock e contemporanea.
Massimiliano, come e quando nasce il tuo rapporto con Campana?
«Questo lavoro chiude un cerchio iniziato più di 20 anni fa. Dino Campana è stato realmente il primo poeta italiano che abbia davvero amato alla follia. A ciò hanno contribuito molte cose, direi soprattutto la sua vicenda biografica che all’epoca in cui lo scoprii – grazie alla mia illuminata prof di letteratura al liceo – mi colpì molto, suscettibile come ero a tutte le figure maledette. Col tempo, per fortuna, la mia visione e il mio approfondimento sono andati ben oltre quell’approccio molto adolescenziale, e ad oggi posso tranquillamente dire che i “Canti Orfici” sono il libro della vita».
E quando diventa qualcosa anche di musicale?
«Il progetto nacque attorno al 2001: all’epoca ero parte di una compagnia teatrale fiorentina, Chille de la Balanza, che lavorava sui testi di Campana e che addirittura aveva la propria sede nell’ex manicomio di San Salvi, dove Campana stesso venne internato. Il regista Claudio Ascoli mi propose di provare a musicare queste poesie. Io mi approcciai senza molta convinzione, ma qualcosa di magico accadde: l’unica vola in cui posso davvero dire che mi sia capitato qualcosa di trascendente in musica. Così in pochi mesi nacquero queste canzoni nelle quali i testi non sono stati minimamente ritoccati e anzi vengono cantati esattamente per come possiamo leggerli. Sono poi occorsi altri 15 anni per trovare posto e per realizzare un progetto compiuto».
Quali sono state le reazioni a un disco così particolare?
«La risposta è stata ottima, sia da parte della critica che del pubblico, forse perchè è una cosa che in Italia ha pochi precedenti: pensando ai pochi illustri esempi, come De Andrè, spesso si trattava di riscritture ed ispirazioni. Ma di testi integralmente musicati qui da noi – a differenza che in Francia – ci sono pochi esempi».
Alla realizzazione dell’album hanno collaborato un maestro della tradizione popolare italiana contemporanea, il toscano Riccardo Tesi, e i romagnoli Sacri Cuori. Ci sono poi ospiti di rilievo come Nada, Cesare Basile e Hugo Race. Cosa puoi dirci di queste collaborazioni?
«È stato naturale far confluire in questo progetto le amicizie e le collaborazioni più recenti. L’incontro Tesi/Sacri Cuori è stato fantastico e oltretutto ha ricreato la natura stessa e l’origine di Campana che era di fatto un tosco-romagnolo. È stato l’incontro tra due sound straordinari e inconfondibili: quello tradizionale e contemporaneo al tempo stesso di Tesi da una parte e quello romagnolo, romantico, rock dei Sacri Cuori. Il mio rapporto professionale ed artistico con la Romagna continua con mia grande soddisfazione: è il secondo disco che realizzo qui e che esce per una vostra ottima etichetta (di Russi, ndr), Brutture Moderne».
Le numerose collaborazioni hanno modificato il tuo modo di intendere la musica?
«Il lavoro con i Sacri Cuori già prima di quest’ultimo disco e con Tesi adesso ha certamente spostato l’asse della mia musica. E non tanto (o non solo) in senso folk – io che vengo dalla canzone d’autore rock – ma quanto in termini di timbri, ambienti, colori. Ho ricavato da queste collaborazioni delle chiavi più cinematiche e orchestrali, una visione di insieme della musica che certamente voglio approfondire».